Anno 4 - N. 10 / 2005


STORIA DELLA MEDICINA

ANDREA VESALIO E LA NUOVA ANATOMIA

Nascita della moderna anatomia. La rivoluzione vesaliana. Del de humani corporis fabrica di Andrea Vesalio fu detto che è quel che l’opera di Copernico è stata per l’astronomia: come questa aveva sostituito infatti, con una concezione nuova, la tradizione tolemaica nella scienza dell’universo, così Vesalio sostituisce Galeno la cui autorità nell’anatomia - come del resto in ogni altro ramo dello scibile medico - aveva resistito pressoché intatta per tredici secoli

di Francesco Piscitello



Ritratto di Andreas Vesalius - Andreas Poncet - Musee des Beaux Art D'orleans


Per gran parte dell’antichità e per tutto il medioevo l’autorità ippocratica e galenica dominarono incontrastate il mondo della medicina. La pratica dell’autopsia come strumento di investigazione anatomica era stata pressoché completamente abbandonata - anche a causa dei divieti della chiesa - dopo il grande favore che aveva goduto in epoca alessandrina dov’era stata praticata da maestri come Erasistrato ed Erofilo (1), al magistero dei quali faceva peraltro riferimento, in campo anatomico, lo stesso Galeno di Pergamo.
Con la nascita delle Università inizia l’insegnamento sistematico dell’anatomia come tappa fondamentale degli studi medici. La lezione viene impartita dal lettore, che siede in cattedra e legge, commentandoli, i testi antichi - Galeno soprattutto, ma anche gli arabi (Avicenna) - mentre, se è stato consentito l’uso di un cadavere, questo viene dissecato da un incisore ed i pezzi mostrati agli studenti da un ostensore. Non sono rare, ovviamente, le discrepanze fra quanto viene osservato e le affermazioni del medico di Pergamo (il quale aveva sezionato esclusivamente animali e non sempre compreso e descritto correttamente quanto andava vedendo), ma l’autorità di Galeno non può venir messa in dubbio: e così le differenze vengono attribuite ad errori di trascrizione dei testi da parte degli amanuensi o addirittura al fatto che, nei secoli, la natura stessa era mutata (2).

I PRECURSORI

L’opera vesaliana ebbe numerosi precursori. Tra i principali vanno certamente ricordati Mondino de’ Liuzzi, Berengario da Carpi e Leonardo da Vinci. Mondino de’ Liuzzi nasce a Bologna intorno al 1270. Professore nell’ateneo della sua città, insegna la clinica commentando la Prognostica e il De regimine acutorum morborum di Ippocrate e vi diffonde le concezioni embriologiche di Avicenna contenute nel Canone. Ma la sua fama è legata all’Anatomia Mundini, scritta tra il 1316 ed il 1317, opera anatomica fondamentale per gran parte del rinascimento. Il pregio indiscutibile di questo trattato è il suo carattere didattico di testo perfettamente adeguato allo studio universitario e di manuale pratico per l’esecuzione dell’autopsia, della quale detta le regole fondamentali: dal punto di vista dottrinario, invece, nemmeno l’Anatomia di Mondino si stacca da Galeno e dalla sua concezione della morfologia e della struttura degli organi che costituiscono il corpo umano.
A Jacopo Barigazzi (1466 -1530), più noto come Berengario da Carpi, si deve un’attenta revisione dell’opera di Mondino (Commentaria cum amplissimis additionibus super anatomia Mundini cum textu ejus in pristinum nitorem redacto), le cui numerose trascrizioni successive avevano in parte corrotto il testo originale: nei Commentaria, tuttavia, Berengario non omette osservazioni proprie - come lo stesso titolo lascia intendere - che arricchiscono l’opera di descrizioni originali, inizio di un incipiente affrancarsi della descrizione anatomica dalla tradizione Galenica. “...descrivere i movimenti per allacciarsi le scarpe senza ricorrere all’aiuto di qualche schema...”, dice Sterpellone (3), è ciò che fanno i trattati di anatomia delle epoche precedenti a Leonardo da Vinci (1452 - 1519) dove la complessità di organi ed apparati era oggetto di prevalente se non esclusiva descrizione verbale mentre assai povera era la loro rappresentazione iconografica: è solo con Leonardo infatti che si afferma la supremazia dell’immagine sulla parola in questa materia. Le circa mille tavole anatomiche, eseguite tra il 1485 ed 1515 e sparse tra vari codici, avrebbero dovuto costituire l’iconografia di un’opera monumentale in 120 libri, ispirata alla concezione allora vigente che si rifaceva alla tradizione classica di una corrispondenza tra il corpo dell’uomo ed il macrocosmo universale (4), vigorosamente sostenuta anche da Paracelso (5).
L’opera non fu mai portata a termine, ma quello che di essa è stato realizzato contiene numerose importanti scoperte: il fascio moderatore del ventricolo destro (detto anche corda di Leonardo); la persistenza patologica nell’adulto del forame ovale, successivamente chiamato “di Botallo”, che l’anatomico e chirurgo di Asti descrisse accuratamente ma che non osservò per primo; la terminazione a fondo cieco delle ultime ramificazioni bronchiali e dunque della falsità dell’idea del tempo che l’aria, dai polmoni, raggiunge il ventricolo sinistro; l’impalcatura della mascella che fu poi impropriamente chiamata “antro di Highmoro”; la struttura dell’utero gravido e della posizione del feto; le tube uterine che prendono il nome da Falloppio.

TRA GLI STUDI E LA CORTE

Wiesel è il nome di un piccolo centro della Renania del quale è originaria la famiglia van Wiesel. Andreas van Wiesel (o André Vésale e poi Andrea Vesalio) nasce a Bruxelles l’ultimo giorno del 1514, il 31 dicembre: il padre è farmacista di corte di Carlo V che segue in numerose campagne. Studia a Bruxelles e poi a Lovanio: trasferitosi a Parigi, nel 1533 si iscrive alla facoltà di medicina. Ha per maestri Guinter von Andernach e Jacobus Du Bois (Sylvius).
Terminati gli studi a Parigi, torna a Lovanio, dove inizia una frenetica attività anatomica: per procurarsi il materiale non esita, nottetempo, a staccare dalle forche che si erigevano in piazza il cadavere di giustiziati che nasconde sotto il letto per sezionarli poi nella propria camera, al riparo da occhi indiscreti.
Da Lovanio si trasferisce a Padova dove ottiene il dottorato il 5 dicembre 1537. Il giorno seguente è lettore di anatomia: non ha ancora ventitré anni. Negli anni di Padova concepisce e scrive il De humani corporis fabrica, l’opera che lo renderà famoso.
La stesura del testo richiede circa due anni, dal 1540 al 1542, e Vesalio ne segue personalmente la stampa a Basilea presso la tipografia di Johannes Oporinus, dedicando particolare attenzione al lavoro d’incisione silografica delle celebri tavole, la maggior parte delle quali è di Stefano Calcar, allievo di Tiziano.
La stampa è ultimata nel giugno 1543.
Nel 1544 è lettore di anatomia all’università di Pisa e nello stesso anno viene assunto alla corte imperiale di Carlo V, suo grande ammiratore, al quale la Fabrica era stata dedicata e, in qualità di medico cesareo, segue l’imperatore nei suoi spostamenti e nelle sue campagne.
Tra il 1550 ed il 1551 segue ad Augusta la seconda edizione dell’opera.
Nel 1551 ottiene l’investitura a Conte Palatino. Nel 1559 è in Spagna, alla corte di Filippo II, successore di Carlo V. Gli ultimi avvenimenti della vita sono alquanto oscuri.
Nel 1564 si reca in Terra Santa e sarà l’ultimo dei suoi viaggi, forse con un significato espiatorio. In Spagna la chiesa vieta la dissezione di cadaveri, ma Vesalio, occultamente, pratica comunque delle autopsie, l’ultima delle quali sul corpo di un certo “don Miguel”, un cortigiano spirato da poco: ma si dice che, mentre eseguiva la dissezione, si accorgesse che un’arteria femorale pulsava ancora ed il Tribunale dell’Inquisizione, al quale era stato denunciato, lo avesse per questo condannato a morte e solo per l’intercessione dello stesso imperatore la pena sia stata commutata in un viaggio di devozione nei luoghi santi.
Forse alla denuncia non fu estranea l’invidia per il favore di cui Andrea Vesalio godeva presso il trono: del resto la posizione critica nei confronti di Galeno - al cui magistero scientifico si ispirava abbondantemente la concezione che dell’anatomia umana aveva il cristianesimo - non facilitava certo una particolare benevolenza di una chiesa in piena controriforma, tanto più che lo studioso di Bruxelles non si era mai mostrato troppo ostile verso il nascente protestantesimo luterano.
Il viaggio si concluse con un naufragio al largo dell’isola di Zante: raggiunta a nuoto la terraferma vi morì, sfinito, il 15 ottobre 1564.



Vesanus

Allievo di Sylvius, galenico convinto fino al fanatismo, lo stesso giovane Vesalio non si sottrae al galenismo imperante del suo tempo, al punto di curare il De venarum arteriarumque dissectione ed il De nervorum sectione per l’opera omnia del maestro di Pergamo edita nel 1541, due soli anni prima della Fabrica.
Ma le autopsie che gli forniscono il materiale per la stesura del testo lo pongono frequentemente di fronte agli errori dell’anatomia galenica e, persuaso che l’esperienza è ”maestra di tutti i maestri”, come pensava Leonardo, si va convincendo sempre più della necessità di rivedere l’intero corpus dottrinario della morfologia del corpo umano, obiettivo al quale si applica quasi più con frenesia che con dedizione.
Quando l’opera vede la luce suscita la critica feroce dei galenisti - ossia di pressoché tutti i medici - tanto che Sylvius, in uno scritto in difesa di Galeno, storpia il nome dell’antico allievo Vesalio in Vesanus (pazzo).
Ma quello che per i contemporanei è talora una colpa, diventa spesso merito per i posteri: il pazzo di Bruxelles, ossessionato dall’idea di raccogliere in un’opera rivoluzionaria le nuove verità, come il capitano Achab da quella di affondare il suo arpione nella carne di Moby Dick, ha consegnato alla storia del sapere medico la prima pietra dell’edificio della moderna anatomia.