Anno 5 - N. 13/ 2006


Il caffè delle Muse

di Francesco Piscitello



Paolo Brera


Rileggendo Il Caffè delle Muse dei numeri passati trovo una grande prevalenza femminile tra i protagonisti della rubrica: sarà solo perché EOS è una rivista politically correct? Mah!
Per evitare il nascere, accanto alla questione delle “quote rosa” che occupa una questione di rilievo nell’agenda politica, del simmetrico problema di una “quota azzurra” daremo spazio, in questo numero, a poeti uomini. Tre. Gianfranco Valente, Paolo Brera, Mauro Germani.
“L’uomo che è poeta a vent’anni - scrive Charles Peguy (C. Peguy: Clio) - non è poeta, è uomo; se è poeta dopo vent’anni, allora è poeta”.

Gianfranco Valente


(senza titolo)

Le unghie arano
la pelle bianca
di un corpo
esangue
su di un corpo
in estasi

Ho per le mani Aurora, una raccolta di Paolo Brera che si conclude con una Sezione speciale dedicata a “versi in una lingua che esisterà solo fra 800 anni”, come scrive il poeta: che di quei versi, per fortuna di noi che viviamo ottocento anni prima, fornisce la traduzione. Vi propongo questa:

Paolo Brera

NON CI SARÀ PER ME
VECCHIEZZA

Non mi aspettare.
O grigia immortalità,
vana decrepitezza dell’anima,
non aspettarmi.
Non ci sarà per me
vecchiezza:
morirò giovane,
giovane e libero,
come le nevi dell’anno scorso.
Di me potranno dire:
“Fece come la saggia Benoitë,
che andò dove andava la gente”.



Cos’è mai la poesia? Le risposte potrebbero riempire un volume. Un volume di idee diverse. Spesso opposte. “La poesia sarà ragione cantata” (A. de Lamartine: I destini della poesia). “Una poesia ragionevole è lo stesso che dire una bestia ragionevole” (G. Leopardi: Zibaldone). Per Umberto Eco - provocatore, ma non troppo - la poesia è una composizione letteraria nella quale è lecito andare a capo prima che sia finita la riga. Lecito, attenzione, non obbligatorio. Come talora Novalis, Mauri Germani è un poeta in prosa: e va a capo solo dopo il punto. Se vuole. Della sua parola poetica scrive, nella prefazione della raccolta Luce del volto, Filippo Ravizza che è “...interrogante il mistero di Dio, ovvero dell’Altro e della sua alterità inafferrabile, mistero che in Germani si trova sempre sulla linea di confine tra lo scandalo della fede e la consapevolezza del nulla, tra la tensione alla luce e la cognizione dolorosa del tempo e del mondo, tra il riconoscimento del divino e il senso di solitudine...”

Mauro Germani

(senza titolo)

Ritorna ogni notte ed ogni notte tutto accade senza accadere.
L’aspettano i boschi nel buio, il vento come un lungo respiro o lamento, la terra bagnata d’addio.
Nessuno può vederla. La sua figura viene da un sogno incompiuto, da parole che qualcuno chissà dove e chissà quando ha scritto nell’ombra.

Mi congedo con un paio di aforismi, scelti fra quelli di Leo Longanesi, che ne era maestro:

Il professore di lingue morte si suicidò per parlare le lingue che sapeva.

Non è la libertà che manca: mancano gli uomini liberi.