Anno 5 - N. 15/ 2006


OGGI COME IERI

Merletti di vetro

Si fa risalire la diffusione del vetro ai fenici che esportarono l’arte vetraria in tutto il mondo allora conosciuto, anche in Italia a cominciare dal meridione. si producevano diversi oggetti in vetro: balsamari, vasi, anforette e bicchieri

di Ambra Morelli



La mezzana (1656, dettaglio)

Jan Or Johannes Vermeer Van Delft (Delft, 1632 - 1675)

Dresda, Gemäldegalerie

Se volete degustare un vino, assaporare al meglio dello champagne, approfittare di tutti gli effluvi aromatici di un superalcolico ma anche dissetarvi con una bibita o semplicemente con dell’acqua, non potrete fare a meno di conoscere le mille forme di bicchieri che sono stati appositamente creati. Guai a concedersi una svista, un errore, pena l’inutile ingurgitare di liquido a cui viene tolto carattere.

Ma procediamo con ordine perché questa distinzione nelle svariate forme del bere è un’esigenza moderna. Tralasciamo l’età antica dove ci si serviva di oggetti semplici, offerti dalla natura come conchiglie, cortecce od oggetti comunque concavi e passiamo all’invenzione del vetro perché è di questo elemento che vogliamo parlare.
Bicchieri in vetro, preziosi e fragili tanto da far pensare, nell’antichità, ad un presagio di sventura quando occasionalmente si frantumavano. Pertanto nell’uso quotidiano è inveterato, l’uso di calici o coppe di legno, terracotta o metallo.

Si fa risalire la diffusione del vetro ai Fenici che esportarono l’arte vetraria in tutto il mondo allora conosciuto, anche in Italia a cominciare dal meridione. Si producevano diversi oggetti in vetro: balsamari, vasi, anforette e bicchieri. Durante l’epoca pompeiana i bicchieri si perfezionano nella tecnica e nel disegno, in particolare si modifica il fondo che da piatto inizia a diventare convesso, cambiano anche nella forma che si fa aperta a campana, e possono inoltre essere tempestati di gemme. I Romani, che imparano l’arte vetraria dalla Siria, utilizzano bicchieri dal vetro sottile con scanalature oppure grandi coppe con incisioni.
I Galli invece preferiscono usare una forma di bicchiere cilindrico, il romer, decorato con bugne applicate all’esterno. Lo stesso tipo di bicchiere cilindrico a fondo piatto era anche detto “pass-glass” perché era un bicchiere unico che girava tra i commensali in una sorta di rito comunitario ed è una forma rimasta in uso per molti secoli e, in fondo, ancora utilizzata come migliore recipiente per degustare la birra cioè il boccale.
Nei secoli seguenti il bicchiere si veste di eleganza con colorazioni diverse, con manici ed applicazioni a caldo. Verso il 1300 il bicchiere cambia silouette, si allunga su uno stelo e la coppa è a sagoma di tulipano: la raffinatezza di queste forme è destinata alle classi alte e alla corte. L’esagerazione nel superare ogni modello esistente di eleganza fa esasperare gli stili: si parla addirittura di flute talmente lunghi da richiedere la presenza di un servo per poterli utilizzare per bere.

Il “gotto” è la foggia più consueta tra i bicchieri antichi, ed è senza piede e gambo, altre forme diffuse da Firenze in cui già dal 1300 esisteva l’attività vetraria, sono il “ciato”, lo “scarazzo” e “pro taverna”. Ma nel XVI sec. è Venezia capitale dell’arte vetraria e quindi anche dei bicchieri che produce in ampia varietà di stili e decorazioni. Il successo è tale che tutta Europa copia creando vetro “façon de Venise”.
I vetrai di Murano perfezionano materiali e tecniche, raffinano le fogge e le decorazioni del vetro soffiato. Forte della sua creatività, Venezia influenza il gusto di tutto il continente e le richieste di pregiatissimi e purissimi vetri, per arredare la tavola, giungono da ogni luogo. Il successo spinge i vetrai veneziani nella ricerca di ulteriori migliorie.
Per esempio l’inventiva del signor Barovier, porta a creare un vetro puro e incolore simile al cristallo di rocca denominato, appunto, “cristallo”. Vengono in seguito adottate tecniche di incisione a diamante con lavorazioni e applicazioni che fanno apparire i bicchieri come merletti dallo splendido effetto di leggerezza, trasparenza, sfarzo. Questi oggetti si possono ammirare oggi nei musei come il museo del vetro di Murano, ma ancor più affascinante è il poterli apprezzare nei dipinti d’epoca dove maestri della pittura come Tiziano o il Veronese, hanno saputo ricreare i decori meravigliosi con incredibili quanto realistici effetti cristallini. I bicchieri cinquecenteschi si arricchiscono di applicazioni modellate con pinza. È possibile così la realizzazione di complicati fregi sugli steli dei calici come ad esempio delle alette o creste. Il vetro può essere a reticello o con incisioni in filigrana che donano grande eleganza, così come i colori blu, verde e rosato alternano, nella produzione vetraria, il vetro incolore.

L’effetto di questi preziosissimi bicchieri sulla tavola opulenta e di smodata eleganza rinascimentale è assicurato. All’epoca, più del contenuto interessava il contenitore, il vino veniva servito annacquato e non era, perciò, indispensabile la trasparenza per apprezzarne le qualità organolettiche.
Con l’andar del tempo la forma di bicchiere più richiesta alle vetrerie di Murano, ma anche in genere alle officine vetrarie, è il calice che sostituirà anche sulle tavole più semplici, il bicchiere troncoconico. Accanto alla produzione di bicchieri da tavola, per un uso abituale, si trovano anche bicchieri artistici cioè bicchieri cerimoniali per le occasioni esclusive. Il calice cerimoniale era molto decorato, con coperchio, di vetro soffiato e lavorato anche con materiali preziosi oppure ricavato da un corno di bue, per esempio, montato in oro e usato per particolari celebrazioni o brindisi importanti.

Con un solo bicchiere si beveva in più persone e non solo sulle mense popolari: è relativamente recente l’uso di un bicchiere per commensale e non raro, come atavica abitudine in alcune zone e a livello famigliare, vedere ancora oggi, sulla tavola, un bicchiere o due che bastano per tutti.
Sulle tavole apparecchiate in modo più ricercato oggi campeggia ogni sorta di bicchiere, almeno tre, meno frequentemente quattro, al fine di non mischiare, durante la celebrazione del pasto, il contenuto e poter degustare per ogni portata il giusto vino d’accompagnamento.

Il colore, la forma, la trasparenza fanno oggi del bicchiere caratteristiche essenziali per l’esame del vino: il giudicarne pregi ed eventuali difetti ha bisogno di un bicchiere da degustazione: quindi il bicchiere colorato e con fregi non viene considerato idoneo: deve essere, pertanto, “neutro”.
Per i calici di degustazione è prevista una batteria di bicchieri che sostanzialmente hanno la forma a tulipano che si restringe verso l’alto allo scopo di non disperdere gli aromi del vino. Il bicchiere in questo caso è contenitore ma anche espositore per l’apprezzamento delle caratteristiche di preziosi vini.

Nel lunghissimo elenco di forme di bicchiere oggi esistente, tra i più noti si annoverano, per esempio, i flute dalle forme slanciate per apprezzare spumanti o champagne, le coppe per spumanti dolci, i bicchieri da “conversazione” come il tumbler privo di stelo che facilmente può essere tenuto in mano e contenere ghiaccio oppure, perché no, direttamente bicchieri di ghiaccio, particolarità moderna dei rari “ice-bar”.
La loro durata è relativa al momento del consumo ma è una curiosa trovata che con ogni probabilità sa regalare, assaporando una bevanda, nuove, insolite e “fredde” sensazioni.