Anno 10 - N. 28/ 2011


DE BELLO APUANO Guerre, devastazioni, deportazioni di massa

[…] 40000 capifamiglia con mogli e figli vengono deportati nel Sannio, nell’ager publicus nei pressi di Benevento.

Apuani “maestri” nelle tecniche della guerriglia, e non nella battaglia in campo aperto, resa possibile anche da una ben nota organizzazione difensiva fondata sul sistema dei “castellari”…

di Giuliano Tessera



Il sarcofago detto "Grande Ludovisi" (Alla parete, testa di Marte dalla collezione Cesi, poi Ludovisi)

Museo Nazionale Romano a Palazzo Altemps, Roma


Le Guerre Puniche, come è noto, furono una serie di tre guerre combattute tra Roma e Cartagine tra il III e il II secolo a.C., che decretarono, alla fine, la completa supremazia diretta romana sul Mediterraneo occidentale e, controllata, nell’Egeo e nel Mar Nero, attraverso regni a sovranità limitata.
Roma e Cartagine (dal fenicio Karth Hadash) erano città quasi coetanee che a lungo tennero un atteggiamento di reciproco rispetto come testimoniano i numerosi trattati sanciti nel 509 a.C., 348 a.C., 306 a.C., 279 a.C., quest’ultimo in funzione anti Pirro, re dell’Epiro, la cui sconfitta definitiva a Maleventum (che poi diverrà Beneventum), permise a Roma il controllo di tutta l’Italia peninsulare, determinando in tal modo l’ingresso di Roma tra le grandi potenze del Mediterraneo. All’impegno contro Cartagine si unisce una politica, in un primo momento prettamente difensiva, contro i Celti che, con continue scorrerie nel centro della penisola italica costringono i Romani a trascurare il fronte nord-occidentale dove sono insediati i Liguri.
Notizie piuttosto incerte di scontri coi Liguri risalgono al 238 a.C. come testimonia Livio: “Adversus Ligures tunc primum exercitus promotus est” e, probabilmente si riferisce ai Liguri-Apuani.
Sotto il consolato di C. Cornelio Lentulo il confine viene portato sino a Pisa e, addirittura al Portus Lunae. Durante la seconda guerra punica i Liguri della Provenza e del Ponente, alleati di vecchia data in funzione anti-greca (Marsiglia), i Liguri dell’Appennino Orientale (Velleiati e Frinati) in contatto coi Celti della pianura padana e Liguri Apuani, confinanti direttamente col territorio di Roma, si alleano con Cartagine. Con Roma invece si alleano Genua, circondata da Liguri ostili, i Taurini, in posizione anti - celtica. Al termine della seconda guerra punica “Roma decise di non frapporre indugi nell’opera di riconquista dell’Italia settentrionale...(e)...i primi a doverne sostenere l’urto furono i Liguri–Apuani” (Paolo Dinelli, “Storia di Camaiore”, Edizioni Massarosa, 2007). Tito Livio che definì gli Apuani “durum in armis genus” furono i primi abitatori di questa regione sovrapponendosi, come rivelano tracce preistoriche ritrovate da ricerche di paleontologi condotte sui monti circostanti Camaiore, a una popolazione preesistente del neolitico. Progressivamente i Liguri-Apuani estesero il loro dominio alla Valle adel Serchio, alla Val di Magra, alla catena Apuana, alla costa tirrenica, da La Spezia sino all’Arno. Scendendo poi a occidente nella pianura lucchese e pisana, entrarono a contatto con gli Etruschi coi quali iniziarono frequenti reciproche aggressioni e razzie. Fu proprio questo contrasto che permise agli Apuani di “specializzarsi” nelle tecniche della guerriglia, e non nella battaglia in campo aperto, resa possibile anche da una ben nota organizzazione difensiva fondata sul sistema dei “castellari” e dalla loro esatta conoscenza dei luoghi prevalentemente montani. Tuttavia le potenti lucumonie etrusche costrinsero gli Apuani, con una costante pressione, ad abbandonare col tempo la fascia costiera e a rifugiarsi sulle circostanti alture, stessa sorte capitata precedentemente e per lo stesso motivo, ai Liguri-Friniati, mantenendo però, di fatto, l’effettivo controllo e dominio del territorio sino a che, con la decadenza etrusca, (Sentino, 295 a.C.), entrarono in contatto coi Romani. E da lì iniziò un’altra vicenda. La strategia romana che contemplava l’attacco ai Galli Cisalpini per il dominio della valle del Po (come dall’altro verso la penisola Iberica) trovava sulla sua strada proprio i Liguri-Apuani. E fu così che il Senato della Repubblica decise di rompere ogni indugio e di agire con la forza dando inizio alle “guerre ligustiche” che si protrassero, con vicende in verità alterne, per oltre sessant’anni (239-177 a. C.) che meritano - a nostro parere - di essere conosciute anche per le conseguenze successive che ebbero. Fatto storico appena accennato nei testi sia scolastici che universitari. In questa guerra disperata e sanguinosa, i Romani, per venirne a capo, per sconfiggere quella fiera popolazione, “semper victa semperque rebellans”, dovettero ricorrere anche a misure spietate e radicali come la deportazione di massa nel Sannio. Il “problema apuano” venne così affrontato nella primavera del 180 a.C. dai proconsoli Publio Cornelio Cetego e Quinto Fulvio Flacco. In questa fase i Liguri furono nettamente sorpresi e costretti alla resa in numero di 12000. Sentito il Senato, 40000 capifamiglia con mogli e figli vengono deportati nel Sannio, nell’ager publicus nei pressi di Benevento, destinati a condividere l’antico pagus Aequanus degli Irpini con la colonia di Benevento. Per secoli vivranno in isolamento etnico col nome di Ligures Baebiani e Corneliani dal nome dei proconsoli vincitori. In un bosco a pochi chilometri da Circello esistono le rovine del loro insediamento. L’avanzata romana proseguirà verso Pisa finché Quinto Flacco, catturati altri 7000 Apuani, proseguirà l’azione di deportazione nel Sannio; una terza deportazione (3200 prigionieri) venne condotta dal console Fulvio Flacco (T. Livio, “Ab Urbe Condita”, Liber XL, 38). Dopo una prolungata pace gli Apuani, sopravvissuti in vallate solitarie, tenteranno nuovamente (155 a.C.) di ribellarsi, ma il console Marco Claudio Marcello, infliggerà loro la sconfitta definitiva. Gli abitanti di Luni gli formuleranno una dedica di riconoscenza. Alla colonizzazione romana di questi territori, che subentrò all’occupazione, effettuata prevalentemente da coloni lucchesi, si deve l’introduzione, nel camaiorese e nella Versilia in generale (vedi Tabula Peutingeriana), della coltivazione della vite e dell’ulivo, fino ad allora sconosciuta, essendo la primordiale economia apuana fondata esclusivamente sulla caccia, la pesca e la pastorizia.

APUANI: POPOLAZIONI CONFINANTI
A ovest confinavano con i Genuati, a nord coi Veleiati e i “Parmenses”, a est con i Friniati e i Mucelli, tutte popolazioni liguri.
A sud con gli Etruschi. Complessivamente le tribù liguri occupavano una superficie di circa 4200 kilometri quadrati, che oggi corrisponde alle province di Lucca, Massa Carrara, La Spezia e, in parte, Pistoia. Nelle sue “Storie” Polibio sostiene che il territorio occupato dai Liguri era, in origine, più esteso di quello etrusco, raggiungendo i confini di Arezzo.

I CASTELLARI
“Castlari”, in dialetto apuano. Erano luoghi fortificati, rifugio per uomini, animali e cose, in caso di minacce o aggressioni. Erano situati in luoghi impervi, difficilmente raggiungibili da chi non conoscesse a menadito il territorio e, caratteristica fondamentale, con una vista panoramica a largo raggio. Di fatto costituivano un vero e proprio “sistema” di difesa e avvistamento e di reciproca comunicazione “a vista”. La loro origine è sicuramente preromana, ma molti furono costruiti nell’epoca delle guerre ligustiche (liguri - romane) qui trattate. Saranno in seguito, dopo la colonizzazione, usati dai Romani poi dai Bizantini e nel corso del Medio Evo.

“TABULA PEUTINGERIANA”
Per verificare su una mappa d’epoca romana lo scenario ove si svolse il “De bello apuano” possiamo consultare, con un po’ di pazienza, la Tavola Peutingeriana o “Tabula Peutingeriana” copia del XII- XIII secolo di una antica carta romana basata sulla carta del mondo ideata da Marco Vespasiano Agrippa, amico e genero dell’imperatore Augusto, costruttore del primo Pantheon, tra 64 e il 12 a.C.
La tavola che mostra tutto l’Impero romano, il Vicino Oriente, mostrando anche Sri Lanka (Insula Taprobane), citando anche la Cina. Indica circa 555 città, le distanze e 3500 particolarità tra cui i templi, i santuari, i fari con miniaturizzate ma chiare illustrazioni. Il nome che la contraddistingue deriva dall’umanista Konrad Peutinger, nato in Germania nel 1465, forse il più grande collezionista di libri e manoscritti dell’Europa d’Oltralpe, che morì prima di poter pubblicare la carta. Attualmente la tavola è conservata nella Hofbibliothek di Vienna ed è perciò denominata “Codex Vindobonensis”. Una copia di difficile datazione in bianco e nero è conservata nella Cartothèque de l’IGN, a Parigi. Il manoscritto, del XIII secolo sarebbe opera di un anonimo copista di Colmar, mentre la prima stampa si deve all’editore Johannes Moretus, ad Anversa, nel 1591 col nome “Fragmenta tabulae”. La tavola è una pergamena lunga 7 metri e larga 33 centimetri: doveva essere facile salvaguardarla e consultarla, magari stando anche in sella. Per l’argomento qui trattato va presa in considerazione la Pars IV – Segmentum IV, che rappresenta le zone Apuane con le colonie di Pisa, Lucca, Luni. Non è indicato il collegamento viario Pisa - Luni, occupato dalle estese paludi dell’attuale Versilia, il Fossis Papirianis. Pertanto la “Liguria di Levante” potrebbe essere antecedente al 109 a.C., quando venne costruita la Via Emilia Scauri, che non è indicata.