Anno 2 - N. 4 / 2003


L’IGIENE NEI SECOLI:

Da pratica empirica a scienza medica

I PRIMI CONCETTI IN MEDICINA DELLE MISURE INDIVIDUALI E COLLETTIVE A SALVAGUARDIA DELLA SALUTE FISICA E MENTALE

di Emilio Comelli



Il Trionfo della morte (affresco, particolare), 1340 -1343 c.) ora sinopia), Buonamico Buffalmacco - Pisa, Campo Santo


Se l’igiene, intesa come disciplina medica, è relativamente giovane, l’igiene pratica, basata su osservazioni empiriche volte a prescrivere norme utili a preservare lo stato di salute, ha invece origini antichissime.
I primi concetti igienici, riguardanti più che altro norme di igiene individuale, sono legati alle religioni: nella legislazione sacerdotale egizia, ad esempio, sono presenti prescrizioni che riguardano l’igiene dell’alimentazione, la pulizia personale, le relazioni sessuali, il riposo periodico. Sono presenti anche prescrizioni che concernono più direttamente l’epidemiologia e la profilassi delle malattie contagiose, come l’isolamento per la lebbra o l’importanza dei topi nel determinare l’insorgenza di pestilenze.
Se queste prescrizioni, come nella legislazione sacerdotale egizia, ebbero più che altro carattere individuale o di casta, altre volte, come appare presso gli Ebrei, acquistarono carattere collettivo, venendo così a configurare per la prima volta il concetto di igiene pubblica.
Le civiltà greca e romana segnano un periodo in cui l’igiene viene presa in alta considerazione dalle rispettive legislazioni civili: si sviluppa così sia l’igiene della persona con l’educazione fisica e la pratica termale, sia quella del suolo e abitato con la costruzione di acquedotti e fognature. Ma, riferisce V. Puntoni nel suo Trattato di Igiene, da quanto scrive M.T. Varrone (sunt animalia quaedam minuscola quae per aerem intus in corpus per os ac nares perveniunt), parrebbe anche affacciarsi per la prima volta il concetto microbiologico per spiegare l’insorgenza di una malattia (nel caso specifico della malaria).
Il Cristianesimo poi, se da un lato ha ostacolato alcune pratiche di igiene individuale come le terme, considerate fonte di vizio e corruzione, dall’altro ha introdotto il concetto di assistenza come dovere: quanto precede particolarmente nei riguardi delle malattie contagiose. La conseguenza fu che dall’assistenza al malato germogliò spontaneamente anche il concetto di profilassi, con gli isolamenti nei lazzaretti, i cordoni sanitari, le quarantene e i tentativi di disinfezione. Si tendeva comunque più al confinamento del malato a difesa della collettività che alla prevenzione attiva della malattia per il sano.
In questo periodo le misure contro le malattie ad alta diffusibilità costituirono la maggior preoccupazione per le Autorità civili e religiose, tanto da porre in secondo piano l’igiene personale e quella del suolo e dell’abitato. In ogni modo tali misure conservarono sempre, fino ad epoche relativamente recenti, un carattere del tutto empirico. Ma già si intravedevano tempi in cui l’osservazione tendeva a essere effettuata con un criterio scientifico, seppure embrionale.
Nel XVI secolo Girolamo Fracastoro (1478-1553) nel “De contagione et contagiosis morbis” esprimeva il concetto del “contagium vivum” precorrendo l’era microbiologica e stabilendo le basi della diffusibilità della malattia infettiva (principalmente per la sifilide e la tisi).
Nel secolo XVII fu l’olandese Leeuwenoeck (1632-1723) a osservare per primo “microscopici animaletti” nel muco boccale, nelle feci e nel materiale in putrefazione (peraltro senza intravedere in essi la causa di azioni patologiche) servendosi di un microscopio di sua costruzione dotato di un ingrandimento di 150 diametri.
Successivamente Antonio Vallisnieri (1661-1730) nelle sue classiche osservazioni a proposito degli insetti e dei metazoi in genere, avanzò l’ipotesi che le malattie contagiose fossero determinate da “invisibili germi”.
Ma occorre arrivare alle grandi scoperte dei secoli XVIII e XIX perché l’igiene possa affermarsi come scienza.


Commento alle immagini: Something from sleep III (1988 New York), David Vojnarowcz - Ritratto di Gerolamo Fracastoro (Verona 1478 - Verona 1553) - Medico industrioso (1700) ), G. Grevenbroch - Il medico della peste si copriva il volto con una maschera dal lungo becco studiata per contenere sostanze e aromi che si riteneva proteggessero dal contagio