Anno 2 - N. 4 / 2003


LE PIETRE DEL PARADISO

Il XVI secolo, cent’anni di intense lotte politiche e religiose. Siamo nel 1545, alla vigilia del Concilio ecumenico di Trento. Protagonista l’imperatore Carlo V sostenitore convinto della riconciliazione di una Chiesa dilaniata. Nel castello del giovane Cardinale Cristoforo Madruzzo entra l’imperatore: “Ya es tiempo”

di Fabrizio Fabbrini



Sacro Concilio Generale di Trento


Con il libro di Mario Emanuele Bianchetti “Ya es tiempo. Le pietre del Paradiso” (ed. Curcu e Genovese, Trento 2001, di pagg. 288) ci immergiamo nella atmosfera del XVI secolo, intenso di lotte politiche e religiose.
Ma l’idea originale è che tutta la storia del tempo viene colta e meditata da una posizione geografica e mentale staccata da quelle vicende, un luogo privilegiato di osservazione, nella vita di un castello del Trentino, con i ritmi tranquilli ma intensi, nei vivaci colori delle montagne, nell’aria frizzante dell’autunno. L’atmosfera adatta a meditare sulla vita e sulla storia.
Sembra solo un romanzo ma è anche una pagina di storia; è libro di forte spessore etico, ispirato a un sentimento di fratellanza che esige il superamento di barriere politiche e religiose nell’affermazione della fondamentale unità del genere umano entro il nostro piccolo pianeta. È un grande messaggio di pace.
Non poteva essere altrimenti, attesta chi conosce l’autore del libro: persona carica di umanità, ricca di energie positive, che da economista di spicco diviene un affermato chirurgo, che presiede tra l’altro alla Fondazione “Incontri di Madruzzo” dedita a problemi legati alla salute. E che scrive su fatti della sua terra, avvertiti con l’animo di alpino di Valcamonica che dagli ambienti intatti della natura e da una fine indagine storica sa trarre motivi di messaggio ecumenico. Del resto la Storia deve riviversi con l’occhio del presente, con le domande e le attese di oggi, deve essere “contemporanea”, ammonivano, con diversi accenti, Alessandro Manzoni e Benedetto Croce.
La ricostruzione di ambienti e l’interazione tra uomo e natura, nella trama di vicende connotate da sentimenti forti e da fedeltà ai valori, la storia intima di personaggi che riflettono nelle loro coscienze le attese e i destini del mondo si accompagna alla curiosità per aspetti di quella temperie tardomedievale, ove il senso del servizio - che animò la generosità degli ordini cavallereschi (servizio che si riscontra nello statuto dei Templari attribuito a San Bernardo) - fornisce la chiave per entrare in un mondo ideale capace di progettare storia.
Siamo nel 1545, alla vigilia del Concilio ecumenico, che l’imperatore Carlo V aveva fortemente desiderato per riconciliare quella Chiesa ormai dilaniata, e aveva voluto celebrare a Trento, terra imperiale e non papale, per invitare anche i “fratelli separati” e mettere fine alle contese (diversamente avverrà in seguito, quando il Concilio sarà trasferito a Bologna terra papale e la polemica si farà più acuta). Il ‘45 è tempo di speranza ecumenica.Tale speranza è nutrita da colui che ebbe incarico di dare accoglienza ai partecipanti al Concilio, il cardinale Cristoforo Madruzzo, che operò per la riforma della disciplina ecclesiastica, con l’obbligo di residenza dei vescovi in un’età di vescovadi appetiti per laute prebende e offrì di rinunciare a uno dei suoi due vescovadi.
Egli agì in sintonia con vescovi che puntavano a una
Riforma cattolica, come il cardinale Reginald Pole, ebbe nemici i cardinali Dal Monte (futuro Pio III) e Carafa (futuro Paolo IV), spregiudicato umanista voglioso di potere il primo, freddo e privo di senso di umanità il secondo.
È su questa figura di principe moderato ed equanime, e uomo vero, il giovane cardinale Cristoforo Madruzzo, che il Bianchetti fa perno nel suo libro. Il principe viene colto nella sua vita quotidiana, lontano dalla mondanità, nel meditativo ambiente ove il silenzio di fondo è arricchito da gaie voci della gente dedita ai lavori domestici, in un maniero appollaiato alle pendici del monte Bondone, in una campagna amorevolmente curata. Ed ecco il primo mattino, l’alzarsi e il lavarsi e il vestirsi, le cure della nutrice, saggia amministratrice del castello; e il suo osservare dalla finestra il mondo che riprende vita: “Dalle case ai piedi del castello venivano i primi rumori dei carri e l’eco del richiamo che i contadini si scambiavano nei lavori dei campi. Il fabbro spandeva già nell’aria tersa il suono acuto e ritmato del martello battuto sull’incudine”. E, passando con un ospite lungo i campi, tra i contadini impegnati nel lavoro, “si sentiva loro vicino, gli pareva di essere nato tra loro e nella semplicità e nella fatica”.
Da questo quadro intatto di una vita dai ritmi lenti, sicuri e sereni, e da una vicenda legata al quotidiano - in un romanzo storico dalla semplice trama che riesce ad afferrare il lettore - quasi naturalmente si dipana la storia ampia di quel secolo di lotte. Ed ecco l’operazione chirurgica del Bianchetti medico e scrittore: dalle ansie del secolo di Lutero, dai giorni del Concilio di Trento, dal castello di Madruzzo esce una indicazione ecumenica, quella dell’imperatore Carlo V: “Ya es tiempo: è tempo ormai che i popoli si uniscano in una sola Fede universale senza più guerre e odio razziale”.
In quel castello entra infatti Carlo V, visto in un breve intenso ritratto che ci illumina sulla personalità generosa e pensosa del grande imperatore. È seduto a una scrivania di legno scuro, su una sedia dai braccioli coperti di panno colore cremisi con lo schienale e il cuscino, accanto a un altro tavolo ingombro di carte: “sedeva vestito di scuro, con un collare d’oro pendente sul petto”; “In testa un semplice copricapo di pelo nero”: (p. 203): “Il viso contornato da una folta barba rotonda e ben curata dava dolcezza e serenità ad un sorriso appena accennato. Gli occhi e il naso pronunciato contribuivano alla luminosità del volto che incuteva soggezione per l’umanità e la semplicità che esprimevano”.
L’Autore ha certo presente il Ritratto di Carlo V seduto di Tiziano alla Bayerische Staatsgemael- desammlungen di Monaco; ma più, per la descrizione del volto, il Ritratto di Carlo V a cavallo al Prado, commemorativo della battaglia di Muehlberg (la vittoria completa di Carlo sui protestanti).
L’immagine di Carlo offerta nel libro è quella di un uomo saggio e concreto, che cerca soluzioni rispondenti a reali esigenze. E che combatte l’intolleranza e la superstizione: “l’intolleranza non appartiene al diritto naturale o umano, il quale vive del principio universale fondato su ‘non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te’”: (p.259). E che guarda ammirato all’impero turco: “il Gran Sultano di Costantinopoli che governava in pace più di venti popoli di differenti religioni e tollerava sul suo territorio patriarchi greci e latini, confraternite di giacobiti, nestoriani, gianniti, copti, ebrei e molte altre sette, ma non ricordava una rivolta provocata da queste religioni” (p. 259), mentre l’intolleranza in Europa “andava ricoprendo la terra di massacri!” (p. 259).
Che questa fosse l’idea di Carlo V, inascoltato difensore della Fede nell’ora in cui la Cristianità si disintegrava, il Bianchetti sa renderlo credibile. In effetti il programma di Carlo (e di Erasmo da Rotterdam e del papa Adriano VI dal troppo breve pontificato) espresso dal Gran Cancelliere Mercurino Gattinara è la dimensione sovrannazionale dell’impero, in opposizione al secolo della formazione degli stati assoluti; e tale sovrannazionalità sconfessava la volontà di potenza degli stati e sconfessava ogni guerra, relegandone la liceità al solo diritto naturale della “guerra di difesa dei propri sudditi e dei propri stati”; né a tale guerra di difesa accordava positività, vedendola solo come male minore, senza alcuna gloria, bensì con tutta l’amarezza per il sangue versato. Perciò la sua figura rimane emblematica, ideale. Egli uscì di scena non sconfitto, con l’umiltà di chi neppure lui, padrone del mondo, si sente davvero indispensabile, e sempre con la coscienza cristiana mai appannata.
E il libro si chiude con un Carlo V che va verso la vittoria del Concilio, vittoria della fede e dell’ecumenismo, rappresentata liricamente nello sventolio delle bandiere e nel fulgore delle armi dei cavalieri Templari che partono per una impresa: dodici cavalieri su cavalli neri: “Erano tutti giovani e forti, portavano una maglia di metallo e al fianco una grande spada, sopra un mantello bianco con la croce rossa dei Templari”. E “Ci fu un incredibile frastuono di zoccoli sul selciato, poi i suoi Cavalieri sparirono dietro una nuvola di polvere bianca, che laggiù sulla strada si faceva sempre più piccola e lontana. Ya es tiempo, il destino si era compiuto” (pag. 265). Non si dice di quale impresa si tratti: ma si tratta di annuncio di pace, e l’impresa ideale li accosta alla nostra epoca, nella quale gli orizzonti ecumenici si profilano netti proprio per la sconfitta delle ideologie del mondo che avevano diviso e distrutto l’Europa.
È qui che il libro approda al presente, con un monito in cui l’Autore interpella il lettore esortandolo a entrare egli stesso nel corso storico, carico del monito del passato, per costruire il futuro. Il recupero di identità della propria religione non deve essere elemento di divisione bensì di unità, perché nella religione è il respiro della tensione universale dei popoli verso l’unità. E oggi “la Cristianità si muove su un piano di ricerca di certezze e nello stesso tempo dà segnali forti di un bisogno di universalità”; e le religioni si sentono vicine nel ritorno alla autenticità del loro punto di partenza; la loro fede nel trascendente spinge a riconoscere la poliedrica unità dell’umanità e ad attuare una pace vissuta con intensa partecipazione: “L’Umanità oggi, che prega un solo Dio... ha trovato la volontà di superare differenze, interessi, egemonie e culture. C’è una tendenza all’integrazione tra i popoli!”.
Donde il riconoscimento all’opera del Papa nel richiamare le religioni a questa comune missione nel servizio dell’Umanità “per avviarsi assieme verso l’immensità di un solo Dio!”. Riconoscere un unico Dio è la base del sentimento di fratellanza: da qui la condanna delle guerre.

Tale storia è nelle nostre mani: “Caro lettore - conclude Bianchetti - “se nel confronto troverai segni premonitori, analogie”, “allora avrai la conferma di come sarà il nostro prossimo futuro.
Di come tutto cambierà anche nella vita di tutti i giorni”.