Anno 3 - N. 8 / 2004


LA CA’ GRANDA

I LUOGHI DELLA RIGENERAZIONE

Ieri “spedale grande della nunziata”, oggi: università degli studi di Milano

di Giuseppina Fiandaca Giovanelli




Là dove scorreva il Naviglio (ora via Francesco Sforza) si trova lo “Spedale Grande della Nunziata, La Ca’ Granda, oggi la “Statale”.
Francesco Sforza, da pochi anni duca di Milano, tra le iniziative prese per consolidare il suo potere nel ducato, decise di costruire un ospedale ricovero.
Non erano trascorsi molti anni dal decreto, datato 9 marzo 1448, con cui il Cardinale Rampini voleva la riforma degli ospedali milanesi. Il nuovo ospedale voluto da Francesco Sforza doveva unificarne diversi, che funzionavano male, creando un unico centro ospedaliero efficiente e soprattutto grande, sufficiente per accogliere, assistere e curare una moltitudine di persone, quello che la gente voleva fosse “il glorioso albergo dei poveri di Dio”. “Ca’ Granda” (il termine milanese sembra essere venuto in uso solo alla fine del XVIII secolo) ovvero casa grande, la finale in “a” a significare una più femminile e materna accoglienza, protezione e cura.
Dalla “torricella malsanorum” (di cui ci dà notizia attorno al 1130 Berardo come ospizio per lebbrosi, e al Carrobbio sembrano riconoscibili alcuni resti architettonici) ai numerosi centri assistenziali (31 pare al tempo degli Sforza), si passò alla realizzazione di un grande ospedale, che si qualificò all’avanguardia nell’Europa del tempo e si pose quale modello per l’assistenza sanitaria.


Diamo qui di seguito un breve elenco degli ospedali esistenti a Milano e sobborghi nella seconda metà del secolo XV:

1) ospedale di Dateo, brefotrofio presso la piazza del Duomo,
2) lebbrosario, presso piazza Fontana,
3) ospedale di S. Satiro,
4) ospedale dei Santi Cosimo e Damiano, presso l’attuale teatro Filodrammatici,
5) ospedale di S. Raffaele, nell’attuale omonima via,
6) ospedale di S. Eustorgio, a porta Ticinese,
7) ospedale di S. Materno, al Carrobbio, ricovero dei lebbrosi,
8) ospedale di S. Barnaba e di S. Stefano in Brolo,
9) ospedale di S. Giacomo Battista, fuori Porta Romana,
10) ospedale presso S. Cristoforo sul Naviglio,
11) ospedale di S. Ambrogio, presso via S. Vittore,
12) ospedale di S. Celso, orfanotrofio,
13) ospedale di S. Dionigi, ora giardini pubblici di Porta Venezia,
14) ospedale di S. Lazzaro, vicino all’attuale teatro Carcano,
15) ospedale di S. Simpliciano,
16) ospedale di S. Vincenzo, vicino all’attuale chiesa di S. Vincenzo in Prato, era adibito a ricovero dei pazzi sino al 1781, quando Maria Teresa istituì un manicomio a Porta Vittoria,
17) ospedale di S. Antonio di S. Nazaro dei porci (i padri antoniani avevano il privilegio di far passare per la città i porci da loro allevati), 18) ospedale di S. Croce a Porta Ticinese,
19) ospedale di S. Maria Maddalena (vicino al fiume Olona, detto Vepra, a Porta Vercellina).
20) ospedale Nuovo, detto anche di S. Maria Maggiore. A Milano uno dei più importanti ospedali, oggi Teatro Lirico.
21) ospedale della Colombetta,
22) ospedale di S. Giacomo, fondato dai Visconti in corso Magenta,
23) ospedale di S. Martino in Nosiggia, ora via Manzoni (ospizio per gli orfanelli, chiamati dai milanesi “martinitt”),
24) ospedale di S. Caterina al ponte dei Fabbri a Porta Genova,
25) ospedale dei Santi Benedetto e Bernardo ai sette Convegni, nei pressi della chiesa di S. Sempliciano,
26) ospedale dei Santi Pietro e Paolo,
27) ospedale di San Giovanni nei pressi della chiesa di S. Sempliciano,
28) ospedale di S. Gottardo a Porta Ticinese,
29) ospedale della Deserta,
30) ospedale della Pietà a Porta Vercellina, 31) ospedale dei vecchioni e delle vecchione. Molti di questi ospedali, dopo la fondazione della Ca’ Granda, furono aggregati ad essa. Altri cessarono l’attività ed altri la mutarono, altri pare abbiano funzionato fino al XVIII secolo.

Il 1 aprile 1456, Francesco Sforza, quarto duca di Milano, conte di Angera e signore di Cremona, dona agli amministratori degli ospedali milanesi un palazzo, già del conte G. Torelli, case e terreni nelle vicinanze della chiesa di S. Nazaro e del Naviglio. Questo si deduce da un diploma miniato originale, giunto a noi in buono stato di conservazione, firmato Franciscus Sforcia vicecomes manu propria subscripsi. (1)
Il 12 aprile 1456, dopo una solenne processione (descritta nel Trattato di Architettura del Filarete), il Cardinale Gabriele Sforza, fratello del duca, benedirà la prima pietra. Per il progetto dell’ospedale Francesco Sforza chiama un architetto fiorentino famoso per i suoi meriti ma altresì noto per il carattere irrequieto: Antonio Averlino, detto il Filarete (1400- 1469). L’impianto generale del progetto si presentava come un rettangolo tripartito, costituito da due quadrati simmetrici nei quali si inserivano le crociere inscrivibili in un cerchio. Il cerchio, il cui centro, essendo equidistante da tutti i punti, esprimeva la “infinita essenza, l’unità, l’uniformità, la giustizia, Dio stesso”(Palladio Libro IV) (2).
La crociera di destra era destinata agli uomini, l’a sinistra alle donne. Nel cortile intermedio allungato doveva inserirsi la chiesa, collegata alle crociere da portici. Delle due crociere, quella di destra, è la sola costruita dal Filarete; infatti il suo progetto fu realizzato solo in parte tra il 1456 e il 1465.
Il Filarete inserirà il progetto nella sua compiutezza nel suo trattato di architettura, come valido esempio di edifici di utilità pubblica, dei quali egli elenca le tipologie. Innovativa la disposizione dei servizi (destri) e dei canali sotterranei per il deflusso delle acque, attinte al naviglio per i fabbisogni dell’ospedale. Oltre allo scorrimento orizzontale delle acque, era stato studiato anche quello verticale, in rapporto non soltanto all’acqua piovana, ma anche alla ventilazione dei servizi. Dopo le spontanee dimissioni del Filarete i lavori proseguirono sotto la guida del milanese Guiniforte Solari, che diede all’edificio un timbro più tipicamente lombardo. Nel 1495 la travagliata costruzione passerà sotto la direzione di Giovanni Antonio Amadeo (diviso tra i lavori al Duomo di Milano e la Ca’ Granda). Sua è la realizzazione del portico e la relativa decorazione in pietra di Angera. Alla prima parte dell’ospedale, l’ala sforzesca terminata verso la metà del secolo XVI, seguiranno i completamenti del secolo XVII (ala Carcano), del secolo XVIII (ala Macchi), del secolo XX con la liberazione delle sovrastrutture, ricostruzioni, restauri e adattamenti per il cambio di destinazione. Il progetto originario del Filarete però si pose sempre come punto di riferimento e condizionò gli interventi successivi, imponendosi come tradizione dalla quale non era ritenuto, dagli amministratori dell’ospedale, lecito allontanarsi.
Nel ‘600, per i nuovi ampliamenti, venne abbattuta una piccola parte che era stata costruita il secolo prima. I disegni e i lavori furono eseguiti nel 1625 dall’ingegner Giovanni Pessina, dall’ingegner Crivelli e dagli architetti F. M. Richini e Fabio Mangone.
Per la Facciata il Ricchini aveva proposto una soluzione libera da ogni richiamo quattrocentesco, ma, con la delibera del 8 marzo 1626 del consiglio di amministrazione, la facciata fu realizzata ad imitazione di quella sforzesca.
Solamente un’arcata filaretiana fu demolita per inserire il portale, che dimostra una certa diversità dall’antico progetto. Tutto richiniano è il finestrone centrale con balconata. Camillo Procaccini curò i disegni delle bifore della facciata, lo scultore Giacomo Boni curò l’esecuzione degli ornamenti in cotto stampati.
Nel grande cortile, terminato nel 1649, il Richini e i collaboratori assunsero una posizione indipendente rispetto ai precedenti progetti. Tuttavia furono riutilizzati i tondi e le decorazioni in pietra d’Angera(3) che ornavano il tratto di portico costruito dall’Amadeo. Per l’ala sinistra dell’ospedale si ebbero orientamenti architettonici diversi, relativi al periodo della loro realizzazione. In particolare l’architetto Pietro Castelli operò tra 1798 e il 1804 costruendo l’ala sinistra (neoclassica) e il lato verso il naviglio. Nel 1941, trasferiti tutti i malati nel nuovo ospedale di Niguarda, la commissione della Ca’ Granda deliberò di trasformare l’ampia crociera Macchi in galleria d’arte, per le esposizione dei ritratti dei benefattori; all’interno fu collocato il prezioso gonfalone dell’Annunciazione, ideato e disegnato da Gio Ponti nel 1935.
Distrutto parzialmente l’edificio sforzesco nell’incursione aerea del 15 agosto ’43, anche la galleria, dalla quale erano state tolte le opere d’arte, fu danneggiata seriamente. Dopo i restauri di questi ultimi anni la crociera Macchi entrò a far parte dell’Università statale. (1) Fra i documenti, codici, pergamene, libri mastri, autografi, ordinazioni capitolari, ecc., riguardanti l’Ospedale Maggiore, giacenti nell’archivio dell’Ospedale stsso, ricordiamo: Diploma di donazione di Francesco Sforza (miniato, con sottoscrizione autografa) – Bolla di Pio II Piccolomini, 1458. Per la Bolla originale di Papa Pio II, approvante la creazione dell’Ospedale Maggiore, 9 dicembre 1458, si veda la Rivista “L’Ospedale Maggiore”, 1913, n. 1. - Diplomi, in favore dell’Ospedale Maggiore di Carlo V, di Luigi XII e di Francesco II. - Diploma di Filippo II, 1 luglio 1559 (Privilegium amplium) - Vari altri privilegi sforzeschi con miniature - Bolle di Pontefici per l’aggregazione all’Ospedale delle grandi abbazie di Sesto Calende, Valganna, Morimondo e dei relativi possessi fondiari - Fra i documenti relativi agli antichi ospedali si ricordano: Statuti emanati dagli arcivescovi Oberto, 1161 e San Galdino,1168, nel Liber Privilegiorum Hospitalis de Brolio. Sono i più antichi statuti di ospedali cittadini, in Italia. Diploma di Ottone Visconti, Arcivescovo di Milano, in favore dell’Ospedale di Brolo, 1288, 18 gennaio - Donazione di Bernabò Visconti agli ospedali di Milano, 1359 e 1366. (Gli estesi possedimenti fondiari, elargiti in quell’occasione, passarono, nel 1456, all’Ospedale Maggiore, di cui costituiscono ancor oggi una delle basi patrimoniali).
(2) “La Ca’ Granda: 5 secoli di storia e d’arte dell’Ospedale Maggiore di Milano. Ed. Electa, 981.
(3) La pietra Dolomia di Angera, prescelta per le decorazioni della Ca’ Granda, nei restauri del dopoguerra si presentava in un rovinoso degrado dovuto ai bombardamenti, alle aggiunte in cemento, alle efflorescenze e alle sfoglie. Le decorazioni sono state recuperate con sigillature di impasto a base di calce stagionata e di polveri di pietra naturale, consolidate con etil-silicato e resina siliconica e ripulite con acqua deionizzata.

Particolare del fronte sforzesco dell’Ospedale Maggiore caratterizzato dalle bifore ad arco acuto con i medaglioni in terracotta, opera di vari scultori operanti nella “Ca’ Granda” fra il 1460 ed il 1470: Francesco Solari, Pietro Antonio de Munti, Guglielmo del Conte ed altri.
I piccoli tondi che stanno ai lati di quelli centrali sembrano di materiale e di fattura diversi, così come non tutti i tondo grandi sembrano essere opera dello stesso scultore.
Nei restauri delle facciate eseguiti tra il 1868 e il 1871 lo scultore e decoratore Innocente Pandiani (che più di dieci anni prima aveva lavorato nel cortile interno) sostituì parti di terracotta mancanti o danneggiate con parti in cemento tinteggiate di rosso.

LA FACCIATA DELL’UNIVERSITÀ VERSO
via Festa del Perdono dopo i restauri del 1969
Nel 1933 si affacciò l’ipotesi di destinare, al Rettorato e alle due facoltà (Giurisprudenza e Lettere), l’edificio sforzesco del vecchio ospedale, la “Cà Granda”. Ma per la sua disponibilità occorreva attendere la fine dei lavori del nuovo grande Ospedale di Niguarda, iniziati nel 1932 e terminati nell’ottobre del 1939. A cura dell’architetto Magistretti si preparò un progetto di sistemazione e restauro della Ca’ Granda, purtroppo destinato a rimanere sulla carta. I tempi non erano propizi e la guerra avrebbe fatto il resto.
Nei famosi bombardamenti dell’agosto del ‘43 il bellissimo complesso architettonico non fu risparmiato dalle bombe e venne gravemente danneggiato, sembrava, in modo irreparabile.
Nel dopoguerra fu ripresa l’idea del 1933 di usufruire della “Cà Granda” per sedi universitarie. Fu merito del Prof. Giuseppe Menotti de Francesco, Rettore della Università degli Studi dal 1948 al 1960, promuovere i primi lavori di ricostruzione e restauro. I lavori sarebbero infine iniziati nel 1951 secondo il progetto degli architetti Annoni, Portaluppi, dell’ing. Belloni e dell’architetto Liliana Grassi.
Nel giugno del 1958 il rettorato e le due facoltà umanistiche furono trasferite alla “Cà Granda” i cui difficili lavori di ricostruzione e restauro sarebbero continuati ancora per anni.
In cinque secoli di vita il complesso ospedaliero era stato oggetto di profonde manomissioni e distruzioni. Il restauro dopo i bombardamenti del ’43 ha recuperato il massimo dell’”autentico” sia ricorrendo all’anastilosi per le parti distrutte, sia liberando quelle occultate da precedenti interventi negativi. Quindi grandi difficoltà di restauro perché si è dovuta tenere la massima attenzione all’esigenza, non soltanto di utilizzare uno spazio con esigenze attuali di funzionalità, ma anche di conservare possibilmente tutti gli elementi originari e restituire in parte la visione Filaretiana.

Il cortile dell’Ospedale Maggiore alla fine del XVII sec.
Francesco Sforza aveva donato alla città di Milano case e terreni ed il progetto del Filarete. Poi per la realizzazione dell’Ospedale aveva sollecitato il contributo delle donazioni ecclesiastiche e dei privati. La Quadreria della “Ca’ Granda”, che annovera circa 900 ritratti di benefattori, dalle origini ai giorni nostri, testimonia la risposta generosa da parte della cittadinanza milanese. Due sorelle, Bianca e Giovanna Caimi, figlie del nobile Eusebio (al quale Francesco Sforza aveva donato diversi possedimenti), prima di entrare nel convento di Santa Chiara a Porta Nuova nel 1457, aprirono le sottoscrizioni per la costruzione dell’Ospedale.
Significato e vicende di una raccolta: la raccolta dei ritratti dei benefattori non è che una parte delle immense e preziose raccolte d’arte dell’Ospedale milanese. L’origine della raccolta dei ritratti risale alla deliberazione capitolare del 6 dicembre 1602, con la quale veniva chiaramente affermata la volontà dell’amministrazione ospedaliera di onorare con effigi dipinte o scolpite la memoria dei benefattori. Sin dal 1464 si era stabilito di far ritrarre “in un finissimo lapide marmoreo” i duchi Francesco e Bianca Maria Sforza, per porle in un arco trionfale all’interno della “Ca’ Granda”. Le statue dei duchi furono realizzate per mano dello scultore Alberto Maffioli da Carrara soltanto nel 1494 (ai tempi di Ludovico il Moro) per essere poste nel Duomo di Cremona (città portata in dote dalla duchessa Bianca Maria per le sue nozze con lo Sforza). Per vicissitudini politiche oggi le statue si trovano nel Museo Civico di Vicenza.
L’Ospedale era dotato non solo di case e terreni ma anche di prodotti agricoli, di arredi provenienti da dimore patrizie, di corredi e suppellettili di famiglia, di oggetti d’arte, di archivi e di biblioteche. Non insoliti erano i lasciti con riserva di usufrutto a favore dei benefattori. Alcuni di questi, con i loro lasciti eccezionali, consentirono la prosecuzione dei lavori di ampliamento dell’Ospedale
Maggiore. Tra questi si debbono ricordare il banchiere Giovanni Pietro Carcano (1621) ed il notaio Giuseppe Macchi (1787).

Ingresso alla “Cà Granda” ( la Statale )
Ingresso alla “Cà Granda” oggi sede dell’Università degli Studi di Milano, in Via Festa del Perdono n. 7.
La “Statale” nel 1994 compiva settant’anni dalla sua fondazione, avvenuta nel 1924.
Fino all’unificazione dell’Italia, Milano infatti non aveva una università. Salvo qualche istituzione religiosa che svolgeva il ruolo di scuola superiore e università: il Collegio tenuto dai Gesuiti nel Palazzo di Brera (Laurea in Arte e in Teologia). Di quattro cattedre con lauree (in Istituzioni civili, in Retorica, in Lingua greca e in Matematica) si componevano le Scuole Palatine create agli inizi del ‘600, con sede prima nell’attuale Piazza Mercanti e in seguito nel Palazzo di Brera (soppressa in seguito in epoca napoleonica). Nell’ambito della “Cà Granda” era in qualche modo naturale che all’attività propriamente medica ed assistenziale si affiancasse quella preparatoria all’esercizio della professione medica. È documentato l’avvio nel 1634 di un corso di chirurgia tenuto da Cristoforo Inzago per i laureandi e per i laureati. Le scuole di logica e di filosofia morale, istituite a metà del ‘500 da Paolo da Cannobio, si potevano considerare di livello universitario. Al 1791 risale la fondazione di un altro istituto milanese: la scuola di veterinaria. La scuola di Agraria invece fu creata nel 1870.
Le diverse condizioni politiche cui Milano fu sottoposta (epoca francese, spagnola, napoleonica, austriaca) determinò la sorte di continuità oppure di soppressione di tali scuole superiori. In realtà sin dal 1361, nel Ducato Milanese, era stata scelta, come sede universitaria, la città di Pavia. E tale rimase nei secoli successivi.
Con l’unificazione d’Italia, la legge Casati del novembre 1859 disponeva che anche a Milano sorgessero un Reale istituto tecnico superiore (il futuro Politecnico) e un’Accademia scientifica letteraria. Da allora passeranno altri sessantacinque anni prima che venisse istituita la “Regia Università”, come si chiamò per qualche tempo.
Intanto, voluta e finanziata da Ferdinando Bocconi, veniva inaugurata nel 1906 l’Università Commerciale “Bocconi” (in memoria del figlio Luigi morto in Africa ad Adua). L’Università Cattolica del Sacro Cuore, promossa da Padre Agostino Gemelli, venne inaugurata nel dicembre 1921. Finalmente, nonostante l’opposizione dell’Università di Pavia, il 28 agosto 1924 veniva firmata la convenzione costitutiva dalla Regia Università Milanese con una coalizione di forze cittadine e con il decisivo apporto del Dottor Luigi Mangiagalli che aveva sognato e ideato la nascita di una Università con le quattro facoltà tradizionali: Giurisprudenza, Lettere e Filosofia, Medicina e Chirurgia, Scienze Fisiche Matematiche e Naturali (alle quali negli anni trenta si sarebbero aggiunte La Scuola Superiore di Veterinaria e quella di Agraria).
Inaugurata nel 1927 la Regia Università risultava quarta a livello nazionale per numero di iscritti e per qualificazione.
In attesa del completamento degli edifici alla Città degli studi, le sedi delle prime quattro facoltà milanesi trovarono sistemazione in vari palazzi comunali e privati delle città. Alla periferia orientale delle città stava sorgendo, infatti, la Città degli studi; il 6 novembre 1915 era stata posta la prima pietra alla presenza del Presidente del Consiglio Salandra, ma i tempi di realizzazione furono lunghi a causa della guerra 15-18, e per motivi burocratici.

LA FESTA DEL PERDONO

La Festa del Perdono fu istituita per la prima volta il 25 marzo 1460, giorno dell’Annunciata, e celebrata in una cappella provvisoria eretta all’interno del cortile maggiore della “Ca’ Granda”.
Papa Pio II concesse per un periodo di 20 anni l’indulgenza plenaria a tutti coloro che, pentiti e confessati, visitassero ogni anno, per un triennio, la cappella dell’Ospedale Maggiore di Milano, nel periodo dai primi “vesperi” della festa dell’Annunciazione sino al termine dei secondi “vesperi”.

NOTE
1) Fra i documenti, codici, pergamene, libri mastri, autografi, ordinazioni capitolari, ecc., riguardanti l'Ospedale Maggiore, giacenti nell'archivio dell'Ospedale stesso, ricordiamo: Diploma di donazione di Francesco Sforza (miniato, con sottoscrizione autografa) - Bolla di Pio II Piccolomini, 1458.
Per la Bolla originale di Papa Pio II, approvante la creazione dell'Ospedale Maggiore, 9 dicembre 1458, si veda la Rivista "L'Ospedale Maggiore", 1913, n. 1. - Diplomi, in favore dell'Ospedale Maggiore di Carlo V, di Luigi XII e di Francesco II. - Diploma di Filippo II, 1 luglio 1559 (Privilegium amplium) - Vari altri privilegi sforzeschi con miniature - Bolle di Pontefici per l'aggregazione all'Ospedale delle grandi abbazie di Sesto Calende, Valganna, Morimondo e dei relativi possessi fondiari - Fra i documenti relativi agli antichi ospedali si ricordano: Statuti emanati dagli arcivescovi Oberto, 1161 e San Galdino, 1168, nel Liber Privilegiorum Hospitalis de Brolio. Sono i più antichi statuti di ospedali cittadini, in Italia. - Diploma di Ottone Visconti, Arcivescovo di Milano, in favore dell'Ospedale di Brolo, 1288, 18 gennaio - Donazione di Bernabò Visconti agli ospedali di Milano.
2) 1359 e 1366 (Gli estesi possedimenti fondiari, elargiti in quell'occasione, passarono, nel 1456, all'Ospedale Maggiore, di cui costituiscono ancor oggi una delle basi patrimoniali).
"La Ca' Granda”, 5 secoli di storia e d'arte dell'Ospedale Maggiore di Milano. Ed. Electa, 1981.
3) La pietra Dolomia di Angera, prescelta per le decorazioni della Ca' Granda, nei restauri del dopoguerra si presentava in un rovinoso degrado dovuto ai bombardamenti, alle aggiunte in cemento, alle efflorescenze e alle sfoglie. Le decorazioni sono state recuperate con sigillature di impasto a base di calce stagionata e di polveri di pietra naturale, consolidate con etilsilicato e resina siliconica e ripulite con acqua deionizzata.