Anno 3 - N. 8 / 2004


MOSTRI MATEMATICI

PUÒ UNA FORMULA MATEMATICA ESSERE BELLA?

Frattali: chi sostiene che la matematica è forma e bellezza ha un nuovo argomento a proprio favore.

di Renato Michieli



La curva di Koch (1904)


I mostri esistono. Questa fu la reazione dei matematici quando, nel 1890, Giuseppe Peano creò una curva che, spezzandosi infinite volte ad angolo retto, ricopre completamente un quadrato. Come può una linea (notoriamente monodimensionale) coprire un quadrato (notoriamente bidimensionale)?
Hilbert la riprese, modificandola, ma non per questo la rese meno ostica alla comunità dei matematici. Oggi quella curva è nota come curva di Hilbert.
Quasi contemporaneamente (1904) Koch presentò un’altra curva dalle caratteristiche nuove e ‘mostruose’. La fine dell’800 e l’inizio del ‘900 (bel periodo) vide la nascita di curve talmente diverse da quelle fino allora conosciute che esse furono semplicemente ignorate, considerate solo curiosità matematiche e dimenticate. Bisogna aspettare il 1975 (e i calcolatori elettronici) perché Benoit Mandelbrot le riprenda, le sviluppi e ne mostri le possibili applicazioni. Ma cosa hanno di tanto mostruoso (per un matematico) queste curve?
La curva di Koch, per esempio, nasce da un triangolo equilatero e iterando un processo elementare diventa una sorta di ‘fiocco di neve’. Il processo consiste nel dividere ogni lato del triangolo in tre parti uguali e nel costruire su ogni parte centrale un triangolo equilatero. Si ottiene così una stella a sei punte formata da sei triangoli equilateri (e un esagono al centro).
Ora si applica di nuovo il processo ai due lati esterni di ogni triangolo e la stella si spezzetta in nuovi triangoli sempre più piccoli. L’iterazione può procedere all’infinito e il risultato è una curva che ha le seguenti proprietà: pur delimitando una porzione finita di piano essa è di lunghezza infinita; non è possibile tracciare una tangente alla curva in nessuno dei suoi punti; ogni sua porzione ingrandita è uguale a una porzione di curva di una qualche iterazione precedente.
Ce n’è abbastanza per essere considerata un mostro.
Le caratteristiche della curva di Hilbert sono analoghe a queste e rappresentano un po’ la nota distintiva delle curve di cui si parla in questo articolo.
Frattali è il nome che Mandelbrot dà a queste curve e nascono tutte da procedimenti iterativi ripetuti teoricamente all’infinito(1).
Risultano tutte di lunghezza infinita, non derivabili e autosimili.
Iterare un procedimento non è difficile e produce spesso effetti interessanti. Chi non è rimasto affascinato guardando uno specchio in cui se ne riflette un altro “quasi parallelo” al primo? Quella specie di tunnel ottico che si viene a creare sembra risucchiare ogni immagine (anche quella dell’osservatore) verso l’infinito. Chi possiede una telecamera collegata a un televisore acceso può puntarla sul centro del video e otterrà un effetto simile. Il principio è analogo a quello dei frattali, si ripete molte volte una operazione ponendo in ingresso il risultato dell’operazione precedente. Ciò porta con se un certo grado di autosimilarità: ogni (qualsiasi) parte assomiglia al tutto. Le eventuali irregolarità iniziali non si moderano ma, al contrario, si amplificano col numero delle iterazioni.
La natura si mostra molte volte autosimile (almeno fino a un certo punto).
Astraendosi dal contesto una montagna brulla osservata da un aereo può essere indistinguibile dall’osservazione ravvicinata di una pietra, che, a sua volta, si può confondere con ciò che si vede guardandone un pezzetto con una buona lente di ingrandimento.
Anche dall’infinita lunghezza dei frattali si può trovare traccia in natura.
Supponiamo di voler misurare la lunghezza di un tratto di rocce sul fianco di una montagna.
Armati di una pertica lunga cinque metri percorriamo la montagna contando quante volte la pertica ‘entra’ nel tratto da misurare. Otterremo un certo risultato. Ripetiamo la misura con una pertica lunga un metro. Questa volta saremo costretti ad addentrarci in anfratti che la pertica più lunga aveva rettificato, il risultato sarà maggiore del precedente. Se ripetiamo ancora la misura con una pertica ancora più corta dovremo seguire le tortuosità delle rocce e quanto più è corta la pertica tanto più grande sarà la misura (2). Si può sapere quanto è lungo quel tratto? La risposta è stata trovata ma esula da questo articolo (3).
Considerando cose del genere Mandelbrot ha pubblicato nel 1975 i suoi studi sui frattali e da allora se ne sono prodotti di sempre più complessi e affascinanti. Oggi si può parlare di una geometria frattale nella matematica.

Accenniamo il procedimento per generare un semplice frattale (chi non fosse interessato può saltare al capoverso successivo).
Qualsiasi calcolatrice tascabile ha il tasto per l’elevamento al quadrato di un numero. Se eleviamo al quadrato il numero 2 si ottiene 4, se pigiamo di nuovo il tasto (stiamo ponendo in ingresso il risultato dell’operazione precedente) otteniamo 16, pigiando ancora si ha 256 e così via.
La serie di numeri 2, 4, 16, 256 prosegue assumendo valori sempre più grandi. In termini matematici si dice che la serie diverge.
Se invece cominciamo con un numero minore di 1, per esempio 0.5, allora la serie comincia con 0.5, 0.25, 0.062 e così via, con numeri sempre più piccoli. La serie converge verso lo 0. Dunque la funzione elevamento al quadrato può convergere o divergere a seconda del valore iniziale assunto.
È importante misurare con quale velocità la serie evolve. Per far ciò basta fissare un numero (come se fosse un traguardo) e un contatore ci dirà quante iterazioni ci sono volute per raggiungerlo. È bene però fissare anche un altro valore (di arresto) che, nel caso il traguardo non sia ancora stato raggiunto, arresta il processo che altrimenti rischia di andare per le lunghe (magari all’infinito).
A questo punto entrano in scena i calcolatori elettronici (anche quelli personali) che sanno ripetere molte volte e velocemente una stessa procedura.
Il programma in base al quale il calcolatore lavorerà è la traduzione in un qualche linguaggio di programmazione di ciò che abbiamo descritto, con l’unica variante che anziché lavorare coi numeri reali lo farà con numeri complessi (del tipo a + ib dove i è l’unità immaginaria). La formula base è z z2 + c dove z è il numero complesso a + ib, c è un qualsiasi termine noto e la freccia indica l’interazione che assegna alla z nel binomio il valore di z ottenuto dalla iterazione precedente.
Considerando il video del calcolatore come un piano cartesiano useremo a e b come le coordinate dei suoi punti e il numero complesso a + i b come il numero di partenza della serie quadratica.
Il programma, una volta avviato, conta fino a un numero che, o è il numero di iterazioni compiute per raggiungere il traguardo, o è il numero di arresto perché il traguardo non è stato raggiunto. Allora il punto del video di coordinate a,b si accende di un colore che, in base a una corrispondenza prefissata numero/colore, dipende dal numero contato. Il programma ora passa al punto successivo del video, le sue coordinate diventano il numero di partenza di una nuova serie e il punto si accenderà a sua volta in base a come si è comportata la serie. Punto dopo punto tutto il video si illumina e alcuni dei risultati possibili sono riprodotti nelle fotografie di queste pagine.
Se la formula è sempre la stessa perchè i frattali sono diversi tra loro? Senza entrare nella teoria delle funzioni non lineari si può dire che essi sono diversi a seconda dei valori iniziali assunti e cioè del valore di z, quello di c, e del numero di arresto oltrechè della corrispondenza numero/colore.
“Les objects fractals” (dal nome del saggio del 1975) assumono le forme più svariate e possono assomigliare a oggetti reali più di quanto non facciano triangoli, cerchi e quadrati messi insieme.
Ci sono frattali che assomigliano a cieli nuvolosi o a catene montuose, altri che ricordano conchiglie o foglie, ma, forse è inutile dire, che queste sono interpretazioni (tridimensionali) che noi operiamo guardando un insieme di punti colorati disposti su un piano e che niente nella formula o nei valori iniziali che generano l’immagine ha a che fare con ciò che a noi, alla fine, appare. Ma questa questione rimanda alla dicotomia, guardare/vedere, è un’altra storia.
Se vogliamo inviare a un amico una di queste immagini è inutile inviargli tutta l’immagine, basta inviargli la formula e il suo calcolatore la ricostruirà nella sua interezza. Questa è una delle possibili forme di compressione di dati che, specie quando rappresentano immagini, occupano molti byte.
L’industria del cinema fa largo uso di frattali e una percentuale sempre più ampia di paesaggi e di sfondi che vediamo nei film è realizzato tramite frattali ulteriormente trattati con software di lumeggiamento e cancellazione delle linee nascoste.
In tutt’altro campo è stato recentemente approntato un software che, a partire da immagini radiografiche del corpo umano, contorna la porzione alterata con un frattale. Per quanto irregolare possa essere la parte da studiare, il frattale, sullo schermo di un calcolatore, si insinua in ogni curva e ne misura le dimensioni con l’accuratezza che si vuole. Ciò consente di seguire nel tempo l’evoluzione della alterazione e permette diagnosi più precise che nel passato.
Le applicazioni sono molte e molte altre se ne troveranno. Si può dire che almeno questi mostri li abbiamo addomesticati.

L’insieme M di Mandelbrot
Mandelbrot ha scritto: Lo sviluppo che si riscontra più spesso e che è, nello stesso tempo, il più inatteso, non è di carattere scientifico ma puramente estetico…Mi sono imbattuto sempre più spesso in oggetti geometrici di bellezza crescente, incontestabile, sorprendente e ambigua [….]. Affiora dallo schermo una fauna ora realistica, ora di sogno, ora da incubo. Ogni volta uno choc estetico indimenticabile

Chi sostiene che la matematica è forma e bellezza ha un nuovo argomento a proprio favore.


NOTE
1) Frattale deriva da fractus cioè interrotto, irregolare e anche dal fatto che queste curve hanno dimensione frazionaria.
2) I topografi francesi e spagnoli usano basi geodetiche diverse per le loro misure. Fino a pochi anni fa la lunghezza della comune frontiera aveva misure diverse negli atlanti francesi e spagnoli.
3) La risposta sta nel concetto di dimensione frazionaria dovuto a Felix Hausdorff (1919).