Anno 3 - N. 8 / 2004


AMERIGO VESPUCCI

NAVE SCUOLA

Il sogno di ogni marinaio

di Sergio Santi



La nave di prora


Evidentemente io sono uno di quelli veramente fortunati perché, come sto per raccontarvi, questo sogno io l’ho visto realizzarsi per ben tre volte: la prima da Allievo Ufficiale nel 1962, la seconda da Tenente di Vascello nove anni dopo, e la terza da Capitano di Vascello nel 1988-89 come Comandante. E si, sono uno dei fortunati Ufficiali della Marina Militare che hanno avuto l’onore e la grande soddisfazione professionale di aver prima navigato e poi comandato questa splendida Nave che è il vanto della nostra Marina da oltre settanta anni e Ambasciatore itinerante d’Italia in tutti i mari del mondo.
Questa Nave che è conosciuta, ammirata e neanche tanto segretamente invidiata da tutte le Nazioni rivierasche di antiche tradizioni navali, ha formato fin dal 1931, anno in cui è stata varata, non solo tutti gli Ufficiali della nostra Marina, ma anche tutti gli Ufficiali delle Marine estere che da allora hanno frequentato l’Accademia Navale di Livorno, contribuendo così a cementare ulteriormente quei vincoli di amicizia, di reciproca comprensione e rispetto che da sempre esistono tra la “gente di mare” e tra coloro che comunque “vanno per mare”.
A metà degli anni venti la Regia Marina decise la costruzione di due nuove Navi Scuola: la Cristoforo Colombo nel 1925 e l’Amerigo Vespucci nel 1931, per sostituire quelle allora in uso che risalivano alla seconda metà del secolo precedente. Le nuove Unità Navali erano basate sui progetti del Tenente Colonnello del Genio Navale Francesco Rotondi che nel disegnare scafi ed attrezzature si era comunque ispirato ai grandi Vascelli a vela del diciottesimo secolo, dal momento che le capacità addestrative iniziali di una nave a vela erano allora ritenute pienamente valide e non suscettibili di varianti.
Duecento anni fa le bande bianche laterali alternate a quelle nere, dipinte sulle fiancate, già da lontano davano l’idea della potenza di fuoco della nave avvistata, anche perché tutti sapevano che ad ogni banda bianca corrispondeva una lunga fila di cannoni. Le bande bianche non interrotte dai riquadri rossi o neri dei portelli abbassati per mettere in batteria i cannoni, erano sinonimo di navigazione di pace, mentre le bande bianche che improvvisamente mutavano in bianco-nero-bianco, erano segno inequivocabile di problemi in vista. Un Vascello delle dimensioni del Vespucci poteva far fuoco contemporaneamente con oltre cinquanta cannoni per ogni fiancata, e normalmente l’apertura dei portelli era il segnale che precedeva il “fuoco di bordata”.
Ma l’Amerigo Vespucci e il Cristoforo Colombo non erano nate come piattaforme per cannoni o per sistemi d’arma più o meno sofisticati; il loro destino è stato fin dall’inizio, quello di avvicinare al mare gli Allievi Ufficiali della Marina Militare Italiana, (a partire dal 2001, Allievi e Allieve) e di metterli a contatto con gli elementi naturali nella maniera più tradizionale, così come storicamente hanno fatto tutti i naviganti, dai Fenici ai grandi Navigatori: da allora quasi diecimila giovani Allievi sono stati iniziati alla loro vita sul mare sul Vespucci.
Il Colombo, molto simile al Vespucci tanto da farle sembrare gemelle, ha avuto un destino molto meno felice: consegnata alla Russia come risarcimento danni di guerra e malamente utilizzata come nave da carico dopo averla privata della sua attrezzatura velica, è affondata nel porto di Odessa a seguito di un incendio nei primi anni ’60. Del Colombo rimangono la bellissima baleniera che al momento della cessione era in migliori condizioni di quella del Vespucci e pertanto fu sostituita con quest’ultima ed un quadro del celebre pittore di marina R. Claudus che ora è a Sala Consiglio, sempre sul Vespucci.
I miei antenati navigatori e spedizionieri, per i loro traffici che li portavano a metà dell’Ottocento fino a Montevideo e Valparaiso, dopo aver superato le calme equatoriali e le tempeste atlantiche, dovevano passare Capo Horn a vela, con navi molto più piccole del Vespucci. Gli attuali Ufficiali di Marina, i futuri Comandanti di navi portaerei o sottomarini, i futuri piloti di caccia, aerei da pattugliamento o elicotteri multiruolo, hanno questa base istruzionale in comune con i vecchi marinai dei secoli passati: il mare visto e vissuto a bordo di una nave a vela del tutto simile a quelle che solcavano i mari tanto tanto tempo fa. Oggi come allora, la nave a vela, meglio di qualsiasi altro mezzo addestrativo, forma e rinsalda il loro carattere, insegna il rispetto per la natura e gli elementi naturali, insegna a lavorare in gruppo, insegna a far parte di un team, ne cura anche l’aspetto formale nel corso delle numerose feste in porto e inesorabilmente “sconsiglia” a proseguire nella carriera coloro che non possiedono i requisiti di base per poter divenire un buon Ufficiale e un buon Comandante.
La vita a bordo del Vespucci non è facile per nessuno: forse per il Comandante e lo Stato Maggiore della Nave, questa è un po’ più comoda, nel senso che loro hanno a disposizione un po’ di spazio in più e dormono (comunque poco) in cuccette. Gli Allievi e le Allieve che imbarcano i primi di Luglio dopo aver superato gli esami della Prima Classe in Accademia, dormono invece nelle tradizionali brande (= amache) in tela olona che tutte le sere devono essere tesate agli appositi sostegni negli stessi locali dove durante le ore diurne studiano, si riuniscono e prendono i pasti.
Lo spazio riservato ad ogni Allievo consiste in uno “stipetto” (= armadietto) delle dimensioni di una valigia media; lì vanno conservati tutti i capi di corredo, e non sono pochi, e gli effetti personali: è quindi necessario imparare ad essere molto ordinati e a saper sfruttare al meglio lo spazio disponibile anche perché uno stipetto in disordine, un paio di pantaloni non ben stirati perché non ben conservati o un capo di corredo lasciato in giro, è motivo di fastidiose ma educative punizioni.
Alla sveglia, le brande vanno “rollate”: in altre parole ripiegate per bene, legate e riposte ben in ordine, nei bastingaggi (= specie di riparo coperto lungo le fiancate della Nave).
Il primo elemento di selezione è la resistenza alla fatica fisica ed alla concomitante mancanza di sonno. A bordo si riesce a rimpiangere la sveglia che in Accademia viene suonata dal trombettiere alle 06,30: perlomeno quella è preceduta da almeno sette ore e mezzo di sonno filato. A bordo gli Allievi, come il resto dell’Equipaggio, sono divisi su tre Squadre che si alternano nella condotta della Nave. Siccome i turni di guardia notturni sono tre (dalle 20.00 alle 24.00, dalle 2400 alle 04.00 e dalle04.00 alle 08.00) ed essendo la sveglia generale alle 07.00, a meno della squadra che è di guardia da mezzanotte alle 04.00, i più fortunati riescono a dormire quasi sei ore di seguito, solo ogni tre giorni. Gli altri dormono “comodamente ed in fretta” dalle 22.30 alle 23.45, poi fanno quattro ore di guardia, tornano in branda alle 04.10 e alle 08.00 ricominciano la giornata. L’ultima possibilità è quella di dormire dalle 22.30 alle 03.45… Che non è poi tanto migliore della precedente.
Una Nave come il Vespucci, senza nessun ausilio meccanico o elettroidraulico per la manovra dei 15 pennoni, delle 14 vele quadre, dei 5 fiocchi, delle 4 vele di strallo, della randa e degli scopamare (= vele che si aggiungono solo sul trinchetto, in caso di andatura in poppa) impiega durante un posto di manovra generale alla vela circa 250 persone. Bracciare, cioè orientare i pennoni, sempre a forza di braccia, e mollare o serrare una vela dopo l’altra in situazione calma richiede invece l’impegno coordinato di un centinaio di persone; questo compito viene svolto normalmente dalla sola squadra di guardia.
Fortunatamente non viene richiesto alla Nave di partecipare a regate a triangolo e, sempre fortunatamente, in mare aperto non si deve cambiare rotta ogni ora, motivo per il quale ci si riesce anche a riposare un po’ durante il turno di guardia quando si è destinati alle manovre delle vele.
Chi invece è fisicamente meno impegnato durante il proprio turno di guardia e quindi non deve andare su e giù per l’alberatura o manovrare le vele, non ha la possibilità di riposarsi o distrarsi, così come non è possibile pensare ad altro quando si è di guardia o addetti al funzionamento dei vari macchinari di bordo.
Quando poi non si è impegnati nel turno di guardia, ci sono innumerevoli incombenze da portare avanti: conferenze, studio di materie professionali, calcolo del punto nave con il sestante (una quarantina di minuti senza l’uso del computer; guarda caso la sera tardi, subito dopo il tramonto oppure a cavallo del mezzogiorno locale o all’alba che, d’estate inizia sempre troppo presto), pulizia della Nave, consumare i pasti, esercitazioni alla ricezione dei segnali, insomma … non c’è tempo per annoiarsi. Con una attività fisica e psichica di questo genere, non esistono né inappetenti né problemi di insonnia: si impara a nutrirsi bene ed in fretta, riposare in fretta e dovunque. Anche dieci minuti sdraiati sul ponte, con la testa poggiata su un rotolo di cima consentono di riposarsi e ricaricare prontamente le batterie. Si impara a dormire a comando e a passare dal sonno alla più completa lucidità in pochi secondi: non è infrequente trovarsi in piena notte e nel buio più totale su un pennone a quaranta, cinquanta metri dalla superficie del mare del quale si scorgono solo le creste bianche illuminate dalla luce stellare, a serrare o mollare una vela, dopo essere stati svegliati dall’ordine “guardia a posto!” solo tre minuti prima.
Questo è il motivo per il quale chi ha fatto questo tipo di vita, riesce a dormire, riposarsi a comando e svegliarsi immediatamente, salvo riprendere prontamente il sonno interrotto quando cessa l’esigenza che ha causato il brusco risveglio.
Ma il Vespucci non è, evidentemente, solo questo: non per questo viene da chiunque riconosciuta come la “Nave più bella del mondo”. Personalmente una cosa del genere la devo aver pensata quando l’ho vista in porto per la prima volta a Civitavecchia nel lontano 1952, quando avevo appena dieci anni. Mio padre mi raccontava che sono rimasto ad ammirarla a bocca aperta per qualche minuto, senza dire una parola: deve essere stato il classico colpo di fulmine che poi ha condizionato il resto della mia vita.
Ma la prima volta che effettivamente ho visto o sentito questo apprezzamento è stato nel luglio del ’62 quando la portaerei Forrestal, passandoci ad un centinaio di metri di distanza, in pieno Atlantico, ci ha trasmesso a lampi di luce “YOU ARE THE FINEST SHIP IN THE WORLD”. Da allora lo stesso identico e lusinghiero apprezzamento si è ripetuto tante di quelle volte che ne ho perso il conto; con i miei Ufficiali avevamo addirittura stabilito una specie di scommessa: quanto tempo intercorreva tra un avvistamento in mare e la comunicazione per radio o a lampi di luce da parte della nave sopraggiungente della famosa frase “SIETE LA NAVE PIU’ BELLA DEL MONDO”. Se non succedeva durante il primo passaggio, era segno sicuro che ne era imminente un altro con relativo segnale al termine della manovra. È comunque uno spettacolo vedere una nave da crociera con migliaia di passeggeri a bordo che fila normalmente ad oltre 20 nodi, cambiare la propria rotta, avvicinarsi al Vespucci che procede a vela ad un quarto di quella velocità, i passeggeri assiepati sulla fiancata con tutti i flash delle macchine fotografiche che lampeggiano come in un interminabile e pacifico fuoco di bordata.
Quindi, per rispondere alla domanda “è vero che il Vespucci è la Nave più bella del Mondo” che puntualmente i giornalisti mi facevano in ogni porto, dirò che non è sicuramente la più grande, né la più lunga né la più veloce; altre Navi Scuola di altre Marine lo sono, ma il Vespucci è sicuramente quella che quando arriva in porto insieme con le altre ha la più lunga coda di visitatori a bordo, questa è una costante. Ricordo che a Rouen dove eravamo nell’‘89 per le celebrazioni del bicentenario della Rivoluzione Francese, insieme con altre 22 tall ships, abbiamo superato in otto giorni i 48.000 visitatori.
Quello che attrae di più chi sale a bordo per la prima volta, oltre all’imponente maestosità dell’alberatura, l’ottone lucido dei corrimano, la passerella di mogano, il perfetto ponte in teak, i 22 Km di cime in canapa che servono ad imbrogliare (= chiudere-serrare) le vele e a bracciare (= orientare) i pennoni, tutte perfettamente tesate e riordinate alla base dei tre alberi, vicino alle impressionanti pazienze in quercia (= rastrelliera dove sono inserite le caviglie che servono per bloccare le cime nella posizione richiesta; antenato dello “strozzascotte”) e ottone lucidato, quello che più stupisce sono i mobili antichi che arredano il quadrato e gli alloggi degli Ufficiali, dagli antichi quadri ad olio della Sala Consiglio, dalle grandi quattro ruote del timone a mano, che, quando si va a vela, sono manovrate da 8 Allievi. È una scoperta continua che lascia il visitatore senza altre parole che non siano le fatidiche “ è la Nave più bella del mondo”.
Questo è quanto la Nave Scuola Amerigo Vespucci, con l’eccezione del periodo bellico, ha fatto negli ultimi settanta anni e continuerà a fare per i prossimi decenni per l’Italia e per i giovani Allievi Ufficiali di Marina; portarla in giro per mare, addestrare il futuro della nostra Marina e presentare questo autentico gioiello è un onore ed un privilegio accordato a pochi fortunati… appunto: il sogno di ogni vero Marinaio.


UNA ANTICA TRADIZIONE MARINARA
A bordo della nave tutti gli ordini impartiti dal Comandante vengono diffusi dal Nostromo tramite il tipico fischietto da nocchiere.
Tutti i nocchieri dislocati sui pennoni, sugli alberi o nelle imbarcazioni rispondono all’ordine ricevuto.
Ogni nota, ogni fischio, ogni pausa ha un preciso significato. Per esempio l’imbarco o lo sbarco di un ufficiale viene salutato con il tipico fischio “uno o due o quattro alla banda” in funzione del grado, il “sei alla banda” è riservato esclusivamente alla Bandiera Nazionale, al Capo dello Stato e alle autorità militari e civili, sia italiane che estere.
Antica tradizione che ancora oggi in Marina viene scrupolosamente mantenuta e tramandata.

Il termine nocchiero deriva dal latino nauclerus e dal greco náukleros ad indicare anticamente colui che governa la nave: oggi con il grado di sergente trasmette gli ordini con il fischietto appeso al petto con una catenella. È chiamato anche nostromo.

L’Amerigo Vespucci è l’Ambasciatore itinerante d’Italia in tutti i mari del mondo.