Il Generale Mannaggia La Rocca: Quando la fantasia entra nella storia

Poteva mancare una maschera a cavallo nella storia del Carnevale di Roma?





  Da Piazza del Popolo a Piazza Venezia, la folla dei romani, da sempre inclini al dileggio, gli lanciava verdure e coriandoli. E così, a forza di ortaggi marci, lo straccivendolo divenne una delle figure più popolari della Roma umbertina

Immagine a lato:

Un saluto da Luigi Guidi detto Mannaggia la Rocca, morto a Roma il 12 giugno 1901






di  Rodolfo Lorenzini


L'invenzione del personaggio Generale Mannaggia La Rocca la si deve a Luigi Guidi che, di professione stracciaiolo, aveva il banco a Campo de' Fiori. Nato e vissuto a Roma a cavallo dei due secoli (1833-1901), Guidi riuscì ad inserire in maniera stabile, per almeno un ventennio, la maschera da lui creata nel carnevale romano al punto da ricevere stabilmente, da parte del comitato organizzatore, anche un ingaggio per la partecipazione.

Questa colorita figura di Roma Capitale fa ormai parte della letteratura specialistica romana e, negli anni passati, ne hanno ampiamente trattato Maria Teresa Bonadonna Russo, Pietro Scarpa, Giulio Cesare Santini e Mario Verdone.

Mannaggia La Rocca fu creato da Guidi sulla falsa riga di maschere quali Capitan Spaventa o Matamoros; il soprannome se l'era dato da solo ed era il nome della maschera che lui stesso aveva inventato per il carnevale romano. Nei panni del 'generale', Guidi, vestito in alta uniforme, appariva con uno spadone di legno, naso rosso, spalline e speroni, decorazioni di cartapesta, pantaloni blu con bande rosse ed elmo con piume colorate, spesso anche di carta. Arrivava quasi sempre a cavallo, con una bestia vecchia e macilenta, o con un somaro, addobbato con una gualdrappa rossa orlata d'oro. Il seguito era costituito da uno stuolo di straccioni e di ragazzini che schiamazzavano, anch'essi forniti di spade di legno, cappelli di carta, tamburelli. Insomma una versione, irridente e popolaresca, di un militare di alto rango, di un generale. Serissimo e tutto d'un pezzo. Con questo cognome da operetta e con tali caratteristiche il " robbivecchi ", trasformato in "Generale", diventa un personaggio noto in tutta Roma: insomma il re del Carnevale.
Ci si può facilmente immaginare quale fosse l'atteggiamento del pubblico nei confronti delle fandonie che venivano raccontate ed il vero spettacolo era dato dai “botta e risposta” tra il pubblico e l'attore che ribatteva ad ogni impertinenza nei suoi confronti in uno spirito giocoso e goliardico. Da Piazza del Popolo a Piazza Venezia, la folla dei romani, da sempre inclini al dileggio, gli lanciava verdure e coriandoli. E così, a forza di ortaggi marci, lo straccivendolo divenne una delle figure più popolari della Roma umbertina.
Morto lo stracciaiolo Luigi Guidi, purtroppo, nessun'altro fu in grado di raccoglierne l'eredità ed il “Generale” lentamente fu dimenticato. Ci provarono Arcangelo Lombardi, sarto, e Luigi Petrangeli, cantoniere stradale, sprovveduti e tristi emuli, che, allo sfiorire del Carnevale Romano volevano portare avanti la Maschera del Generale Mannaggia La Rocca senza avere la stessa genialità folle e la stessa fortuna di Guidi.





La maschera del Generale Mannaggia La Rocca saltò agli onori della cronaca nell'estate del 1897. Erano quelli gli anni in cui la esacerbazione della cultura schermistica italiana e francese stava raggiungendo il suo apice. Nonostante fiumi di inchiostro riversati in sapienti trattati, duelli più o meno occasionali tra esponenti della nobiltà o militari delle due aree geografiche, campagne belliche e disfide varie, entrambe le visioni schermistiche continuavano a professarsi l’una superiore all’altra.
Curiosamente, però, gli scontri o, per meglio dire, i confronti tra le due scuole di pensiero schermistiche erano stati radi se non nulli. E così fu per decenni. Almeno fino al 1881, momento dell’arrivo a Parigi di un personaggio assolutamente fuori dalle righe: Turillo di San Malato. É infatti il barone siciliano che per primo entra nella tana del lupo e sfida in pubblici assalti, cortesi e non, qualunque maestro francese. É grazie a questo sanguigno isolano, moderno moschettiere, se si apre un’intera epopea di confronti e scontri tra la scherma italiana e quella francese.
In quella famosa estate del 1897 il principe Enrico d'Orléans descrisse aspramente il comportamento degli ufficiali italiani durante la campagna d'Africa criticando la condotta che questi avevano tenuto. Per questo motivo era stato sfidato a duello dal generale Matteo Francesco Albertone unico ufficiale superstite della battaglia di Adua.

La questione non era stata però risolta in quanto i Francesi avevano contestato agli Italiani la scarsa conoscenza delle basi del galateo del duello che prescriveva che ci si battesse tra esponenti di ugual rango. Il principe, accettava di duellare solo con un suo pari. E sarà quindi il conte di Torino, Vittorio Emanuele di Savoia-Aosta a ferire nel duello riparatore l'Orléans.





Il fatto ha grande risonanza in tutta Europa con una lunga coda di nuovi duelli, sfide e controsfide, tra francesi e italiani. Uno svizzero-francese, in cerca di gloria e permaloso, Thomeguez, si mette a disposizione di tutti gli ufficiali superiori italiani che vogliono battersi con lui. A questo punto un brillante giornalista de La Tribuna di Roma, l'avvocato Eugenio Rubichi, che si firma "Richel", interviene nella polemica e gli invia questo beffardo telegramma: "Provocazione accettata da parte mia e da un gruppo italiano. Firmato Generale Mannaggia La Rocca della nobile schiatta dei Cenci. Roma, via Quattro Fontane."

Il francese abbocca ed accetta il duello. Si può immaginare il suo stupore e la sua ira quando viene a sapere chi veramente è il famoso "Generale". Thomeguez, offesissimo, insiste per duellare con tutti i crismi della serietà: verrà accontentato, e sconfitto, da un abile spadaccino napoletano, il tenente Enrico Casella.
E così anche Luigi Guidi si vedrà attribuire una vena, se pur grottesca, di passione patriottica ed entra comunque nella storia con la sua maschera di carnevale.