George Smith Patton, l’uomo che salvò la Razza Lipizzana

Limiti, Virtù e Contraddizioni dell’uomo considerato uno dei più grandi militari di questo secolo





  All'apice della carriera amava girare con un revolver dall'impugnatura in avorio e una cintura da cowboy, funzionale alla costruzione mediatica del personaggio-guerriero che egli amava interpretare. In contrasto con questa immagine, portava spesso al guinzaglio un Bull Terrier di nome Willie…

Immagine a lato:

George Smith Patton






di  Rodolfo Lorenzini


George Smith Patton (San Gabriel, 11 novembre 1885 – Heidelberg, 21 dicembre 1945) era dotato di una solida personalità e di un carattere impulsivo e risoluto, che gli valsero il soprannome di "generale d'acciaio". All'apice della carriera amava girare con un revolver dall'impugnatura in avorio e una cintura da cowboy, funzionale alla costruzione mediatica del personaggio-guerriero che egli amava interpretare. In contrasto con questa immagine, portava spesso al guinzaglio un Bull Terrier di nome Willie, dal pelo bianco e, secondo alcuni storici, dal carattere timoroso, fatto imbarazzante per il ferreo padrone. Credeva nella reincarnazione (diceva di essere stato un cartaginese morto nella difesa della città in Tunisia, e di essere stato un soldato napoleonico durante la ritirata in Russia). I suoi aiutanti erano molto solerti; Omar Bradley disse che se Patton fosse stato nominato Ammiraglio della Marina Svizzera i suoi aiutanti avrebbero avuto le mostrine adatte all'istante.
Nel 1909 uscì come ufficiale di cavalleria dall'accademia militare di West Point, dove era entrato all'età di quattordici anni. Nel 1912 partecipò alla V Olimpiade a Stoccolma nella gara di pentathlon moderno, inserita per la prima volta nel programma olimpico. Nella classifica finale fu quinto.
Fu al fianco del generale John Joseph Pershing, nella campagna del Messico (1916-1917) contro Pancho Villa; durante la spedizione, in un conflitto a fuoco, uccise il braccio destro di Villa, Julio Cardenas. Seguì Pershing anche quando quest'ultimo fu messo a capo della spedizione americana in Europa, allo scoppio della prima guerra mondiale.
Nel 1939 fu promosso tenente colonnello; l'anno seguente, allo scoppio della seconda guerra mondiale, divenne Maggiore Generale** e, nel 1941, fu messo a capo della 2ª Divisione corazzata e nel 1942 comandò lo sbarco in Marocco. In Tunisia comandò il ricongiungimento delle forze statunitensi con quelle dell'8 ª Armata britannica di Bernard Law Montgomery.
Lo sbarco in Sicilia e il massacro di Biscari
Patton fu al comando della 7ª Armata statunitense impegnata nello sbarco in Sicilia, avvenuto il 10 luglio 1943. Questa è la pagina più oscura della sua carriera militare; una volta morto, infatti, gli vennero addossate le responsabilità per alcuni eccidi compiuti in Sicilia dai suoi soldati a danno di prigionieri che si erano arresi.
L’episodio più atroce fu quello che avrebbe comandato lo stesso Patton, il quale avrebbe ordinato l'uccisione di circa sessantatrè soldati italiani, catturati durante la battaglia per la conquista dell’aeroporto di "San Pietro" a Biscari (oggi Acate).
L'esecuzione fu compiuta dal sergente Horace West, che da solo uccise trentasei soldati italiani prigionieri, e dal plotone del capitano John Compton, che uccise trentasette italiani (West e Compton militavano, entrambi, nella 45ª Divisione comandata da Patton).
Questo terribile atto fu reso pubblico grazie ad una denuncia fatta da un cappellano della 45ª Divisione, il colonnello William King. West fu condannato all’ergastolo, ma non scontò neppure un anno della pena che gli era stata impartita.

Il Gen. Patton con il cane Willie e Jean Gordon




Il capitano John Copton, che si difese dicendo di aver eseguito soltanto gli ordini del comandante generale (Patton), al contrario di West, venne assolto dall'accusa di aver compiuto il massacro. È noto (attraverso dichiarazioni rilasciate da decine di soldati ed ufficiali, i quali testimoniarono al processo sui crimini di Biscari), che il generale Patton avrebbe detto ai suoi militari prima dello sbarco:
«Se si arrendono quando tu sei a due-trecento metri da loro, non badare alle mani alzate. Mira tra la terza e la quarta costola, poi spara. Si fottano, nessun prigioniero! È finito il momento di giocare, è ora di uccidere! Io voglio una divisione di killer, perché i killer sono immortali!»

È anche noto (da quanto contenuto nel diario personale del generale) che Patton provasse astio verso i siciliani, ritenendoli poco valorosi e troppo arrendevoli. Ciò tuttavia non costituisce una prova conclusiva della sua colpevolezza.
Altri massacri avvennero tra il 12 luglio e il 14 luglio 1943. I soldati americani spararono a sangue freddo contro prigionieri italiani e tedeschi a Comiso, dove sessanta soldati italiani e poco dopo cinquanta tedeschi vennero fucilati; a Canicattì gli americani aprirono il fuoco su una folla di civili provocando la morte di almeno sei persone.
Tutta la vicenda, ancora oggi, rimane avvolta nel mistero.
Terminata la campagna di Sicilia, George Patton fu richiamato in Gran Bretagna; fu messo a capo della 3ª Armata, in vista dello sbarco in Normandia avvenuto il 6 giugno del 1944; durante la campagna di Normandia si distinse in maniera particolare nelle operazioni di conquista di alcune importanti città francesi come Nantes, Orléans, Avranches, Nancy e Metz. Respinse in maniera esemplare la controffensiva tedesca delle Ardenne, (16 dicembre 1944), contrattaccando e mettendo in fuga l'esercito tedesco. Riprese l'avanzata e, superato il Reno, si spinse fino a Plzen, al confine cecoslovacco; qui l'ordine indiscutibile del generale Dwight D. Eisenhower gli impedì di continuare l'avanzata e lo obbligò a congiungersi con le truppe sovietiche.
È qui sul confine cecoslovacco , che, grazie alla sua indipendenza nella capacità di prendere decisioni, con il parere contrario dell’alto comando, approva la missione del colonnello Reed per entrare in Cecoslovacchia e consentire il recupero dei cavalli lipizzani presso il deposito di Hostau, divenendo di fatto l’artefice più importante per il salvataggio e la preservazione della razza lipizzana.

Patton in Sicilia




Quando la Terza Armata liberò il campo di concentramento di Buchenwald, Patton rallentò il suo ritmo; e fu il primo ad adottare la politica, poi seguita da altri comandanti, di far visitare i campi ai civili tedeschi.
La Terza Armata aveva liberato o conquistato 81.522 miglia quadrate di territorio.
Il 9 dicembre 1945 rimase coinvolto in un incidente stradale; ad un incrocio la sua macchina si scontrò con un autocarro. Nessuno a bordo rimase ferito, tranne Patton, il quale seduto sul sedile posteriore, venne sbalzato in avanti e, urtando violentemente la testa sul sedile anteriore, si provocò la rottura dell'osso del collo. Riuscì incredibilmente a sopravvivere, tra atroci sofferenze, altri dieci giorni. Mentre sembrava che le condizioni si fossero ristabilite, morì di edema polmonare e congestione cardiaca, alle 17.45 del 21 dicembre 1945 all'età di sessant'anni. È sepolto tra i soldati che sono morti nella battaglia delle Ardenne in Hamm, Lussemburgo.
Alto, asciutto, con lampeggianti occhi azzurri, aveva il culto dell'efficienza fisica; a 59 anni era in forma come un giovanotto. Esibizionista oltre ogni dire, calzava lucidissimi stivaloni da cavallo anche in combattimento. La sua auto, una Packard degna di AI Capone, ostentava due gigantesche sirene cromate e un'enorme bandiera con le stelle da generale.
Dice di lui Bradley: mattiniero, aveva ordinato che la prima colazione per gli ufficiali non fosse servita dopo le 6.30. Maniaco della disciplina, multava con 25 dollari i soldati e con 50 gli ufficiali se non portavano l'elmetto. Durissimo, aveva però momenti di grande dolcezza; come quando si chinò piangendo sul cadavere del suo giovane aiutante cap. Jason e gli tagliò una ciocca di capelli da spedire alla madre.
Il curioso è che aveva l'aspetto da gladiatore e la vocetta da ranocchio: ciò nonostante era un ottimo oratore. Era una miniera di contraddizioni: autenticamente colto, faceva errori di ortografia; bestemmiatore, s'inginocchiava umilmente in preghiera; gran gentiluomo, rovesciava torrenti di oscenità anche in presenza di signore. Scrive Irving: Era turbolento, grossolano, scurrile, arrogante, coraggiosissimo, focoso, spaccone. Non aveva senso dell'umorismo e nemmeno buon gusto: grossi anelli fra i quali uno, orripilante, a forma di serpente luccicavano alle sue dita. Impareggiabile nelle gaffes, aveva, come scrive Bradley, un solo vero nemico: la sua lingua troppo pronta.
Non temeva nemici né superiori; aveva paura di una sola persona, sua moglie Beatrice. Ne aveva buoni motivi: da 12 anni la tradiva con una giovane, Jean Gordon. Beatrice non ignorava la tresca. Patton si portò dietro, sui teatri di guerra, la giovane e deliziosa Jean, ausiliaria dell'esercito. Jean lo adorava e due settimane dopo la morte di Patton ad Heidelberg, la ragazza si suicidò a New York.
Ricordato per la sua feroce determinazione e la capacità di condurre i soldati, Patton è oggi considerato una delle figure più grandi della storia militare.
Il film 1970, "Patton", interpretato da George C. Scott, ha determinato un rinnovato interesse in Patton. Il film ha vinto sette premi Oscar, tra cui Miglior Attore e Miglior Film, e immortalato il generale George Smith Patton Jr. come uno dei più interessanti uomini militari di tutti i tempi.